Sono 16.000, cioè un terzo su un totale di 48.000, le società di capitali italiane beneficiarie del Fondo centrale di garanzia nel 2019 che rischiano di entrare in crisi di liquidità se l’emergenza Covid19 non rientrera’ prima della fine dell’anno, con pesanti ripercussioni su 310.000 addetti. Aziende che hanno ottenuto finanziamenti “coperti” da garanzie pubbliche per 5,4 miliardi di euro e che per evitare il default ne avrebbero bisogno di altri 6. A sottolinearlo è uno studio di Cerved, uno dei principali operatori italiani nell’analisi e nella gestione del rischio di credito, che ha considerato l’evoluzione della liquidita’ di 720 mila società di capitale italiane nei mesi del lockdown; secondo il gruppo complessivamente rischierebbero la chiusura 145 mila societa’ e di queste,16.000 mila hanno appunto goduto di garanzie pubbliche. “Nessuna impresa deve fallire a causa del Covid19 – commenta Andrea Mignanelli, ad di Cerved – se l’Italia vuole evitare di perdere capacita’ produttiva e di entrare in una recessione lunga e difficilmente sostenibile anche dal punto di vista sociale. Nei prossimi mesi la finanza agevolata, che comprende centinaia di strumenti a supporto dello sviluppo delle Pmi, svolgera’ un ruolo fondamentale per dare liquidita’ al sistema e guidare la ripartenza dell’economia italiana”. Le misure prese per contenere il coronavirus stanno producendo effetti molto rilevanti sui ricavi delle imprese italiane. “Gli impatti su quelle che accedono al Fondo Centrale potrebbero essere ancora piu’ significativi, perche’ molte appartengono a settori – l’edilizia e gli impianti per l’edilizia, la ristorazione, gli autotrasporti, il commercio al dettaglio specializzato – tra i più colpiti dall’epidemia, con cali di fatturato previsti tra il 20 e il 30%”, sottolinea una nota del gruppo. Anche le conseguenze sul loro profilo di rischio sono altrettanto importanti: in base alle valutazioni di Cerved, la quota di societa’ rischiose aderenti al Fondo nel 2019, che rappresentava il 10,3%, potrebbe piu’ che raddoppiare nello scenario cauto (21,8%) e quadruplicare in quello peggiore (39,5%), cioè se la crisi perdurasse fino a fine anno.