di Alessandro Sgherri*
CATANZARO- Tornare a casa dopo un soggiorno all’estero. Una passeggiata in tempi normali. Una piccola impresa al tempo del coronavirus, tra code, attese e autocertificazioni. E’ l’esperienza vissuta da Roberto, un catanzarese rientrato ieri in Italia con la moglie e due figli piccoli, dopo essere partito per la Polonia quando ancora il lockdown era un concetto lontano. Il primo problema e’ stato trovare un mezzo di trasporto, visto il blocco dei voli e la chiusura delle frontiere. “Ma poi – racconta adesso l’uomo, una volta rientrato in Italia – c’e’ stato da districarsi tra le disposizioni di Dpcm, ordinanze regionali e comunali”. Il tanto agognato viaggio di rientro parte alle 13.15 del primo maggio dall’aeroporto Chopin di Varsavia, grazie ad un volo speciale Alitalia organizzato dalla Farnesina tramite l’ambasciata d’Italia a Varsavia per il rientro dei connazionali all’estero. Non prima, il giorno precedente, di fare la registrazione al sito della Regione Calabria, segnalando il proprio rientro e la data di inizio della quarantena. L’impatto con lo scalo della capitale polacca e’ spettrale e gia’ fa capire che il viaggio tutto sara’ tranne che una passeggiata. “All’ingresso – racconta – abbiamo trovato due soldati che, con molta gentilezza e superando le barriere linguistiche, ci hanno chiesto i documenti e i motivi del viaggio. All’interno non c’era nessuno, se non le addette al checkin Alitalia, le uniche presenti. Prima di arrivarci gli addetti sanitari polacchi ci hanno misurato la temperatura e fatto compilare l’autocertificazione da consegnare al vettore per spiegare i motivi del rientro. Otto copie in tutto, due per ogni componente la famiglia. E non ho potuto fare a meno di notare l’assurdita’ dell’autocertificazione di due bambini di pochi anni”. Riempiti i moduli, i controlli di sicurezza e finalmente l’imbarco. A bordo, “tutti con le mascherine, e distanziati il giusto. Prima del decollo – dice Roberto – l’hostess ha consegnato l’autocertificazione per motivare lo spostamento una volta arrivati a destinazione”. Giunti a Fiumicino, agli imbarchi dei voli nazionali, dice Roberto, qualche persona in piu’ ma niente rispetto al solito. “Tutti i viaggiatori con la mascherina indosso e attenti a rispettare il distanziamento. Ma e’ stato all’aeroporto di Lamezia Terme – racconta – che l’impatto con la nuova realta’ e’ stato piu’ evidente. All’ingresso gli operatori della protezione civile ci hanno invitato a stare in coda. Un’attesa apparsa interminabile. Al nostro turno, uno alla volta, ci siamo fermati davanti al termoscanner per la misurazione della temperatura. Poi e’ stata la volta della presentazione dell’autocertificazione in uno dei quattro gabbiotti allestiti. La documentazione consegnata in aereo, pero’, non era quella giusta e quindi abbiamo dovuto compilare altre quattro autocertificazioni. Devo dire che da parte della dottoressa di turno, della protezione civile e delle forze dell’ordine, c’e’ stata massima disponibilita’ e collaborazione, sia per il controllo dei documenti che per la spiegazione delle procedure successive. La stanchezza e la tensione di rientrare a casa hanno dilatato l’attesa ben oltre la durata reale, circa 40 minuti”. Uscito dallo scalo, per Roberto, e’ iniziato, con la propria auto, l’ultimo tratto del viaggio verso casa. Dopo code, autocertificazioni e tensione, “i 14 giorni di quarantena, non saranno un problema” dice ora Roberto.
*(Ansa)