Tra parruchieri ed estetisti in Basilicata sono oltre 1.300 le imprese in campo, in buona parte artigiane, di cui 800 in provincia di Potenza e 500 in quella di Matera. Al primo posto i saloni di barbiere e le parrucchiere (un migliaio di imprese) seguiti dagli istituti di bellezza (300); l’aumento piu’ consistente e’ per manicure e pedicure (piu’ 166,7% in cinque anni). L’occupazione delle imprese artigiane dei servizi da noi rappresenta il 4,4% del totale degli occupati nell’artigianato. “La situazione per il settore – afferma Rosa Gentile, presidente Confartigianato Matera – e’ pesantissima e sono tante le attivita’ che rischiano di non avere la forza per riaprire o che purtroppo dovranno lasciare a casa il personale. Tutto questo e’ ingiusto e non possiamo permetterlo. Inoltre aggiungiamo il fatto che con la fase 2, tanto decantata, ci sara’ un ulteriore forte incremento dei lavoratori abusivi cui molti privati ricorrono e che chissa’ se un giorno ritorneranno dal loro parrucchiere di fiducia”. Confartigianato prevede che se la riapertura non avverra’ prima possibile e non ci saranno misure adeguate tra il 20 e il 25% potrebbe non riaprire piu’. “Questi motivi portano la nostra associazione a ritenere che non sia ulteriormente rinviabile la riapertura dei saloni di acconciatura e dei centri estetici, subordinandola all’applicazione di misure di carattere organizzativo ed igienico sanitarie che abbiamo gia’ provveduto ad inviare ai ministeri competenti, e che sono aggiuntive, rispetto a quelle gia’ stringenti che gli operatori sono chiamati a mettere in atto in ragione delle normative di settore. Gli operatori del settore si sentono presi in giro – afferma Confartigianato – Perche’ e’ consentito utilizzare i mezzi pubblici con pericolo di assembramenti, cosi’ come e’ permesso fare lunghe file ai supermercati, mentre imprenditori che per il tipo di lavoro che fanno brandiscono quotidianamente la bandiera della sicurezza devono continuare a stare chiusi? Domande banali che si fanno gli operatori e che fanno salire tanta rabbia. Marzo, aprile e maggio, tre mesi di affitti, bollette, mutui a saloni chiusi per ottenere in cambio che cosa? Proposte di ulteriori debiti, una mancetta di 600 euro e tante chiacchiere di fantomatici miliardi di euro con cui sarebbero ripartiti alla grande di cui, per ora, non si vede nemmeno l’ombra”. “Come associazione di categoria – afferma Confartigianato – abbiamo cercato in tutti questi mesi di tenere calmi i nostri imprenditori del benessere ma quando si arriva a grattare il fondo del barile e si rischia la fame, quella vera, quella di cui ci parlavano i nonni che hanno vissuto l’ultima guerra, allora i pericoli di arrivare ad una disobbedienza civile sono forti. Noi abbiamo il termometro di queste categorie di imprenditori e abbiamo il dovere di avvisarvi che la temperatura e’ altissima, fuori controllo. Eppure sarebbe bastato far prevale il buon senso e permettere ai saloni di organizzarsi bene per la riapertura investendo in modo significativo sulla sicurezza e sul rispetto delle regole (distanziamento sociale, capienza massima dei locali, utilizzo di dispositivi di protezione e cosi’ via), invece si e’ voluto adottare la linea dura, quella dello slittamento dando retta ai virologi, ma fra il rischio di prendere un virus che statisticamente nell’80% dei casi e’ addirittura asintomatico e il rischio di morire di fame beh, permetteteci ma non c’e’ scelta”.