Da lunedì anche la Chiesa italiana entra nella fase due e torna a fare comunità aprendo le celebrazioni religiose ai fedeli. Regole comuni dal nord al SUD del Paese per minimizzare al massimo il rischio contagio da coronavirus ma ovviamente ci sono zone dove il Covid-19 ha colpito con maggiore violenza e quindi la prudenza è anche maggiore. In Piemonte, infatti, è il caso delle diocesi di Mondovì e di Pinerolo, le messe riapriranno al popolo con una settimana di ritardo, il 25 maggio. A Bergamo, i 750 sacerdoti della diocesi hanno già preso contatto con le autorità sanitarie per sottoporsi al tampone. Anche i Vescovi dell’Emilia Romagna, altra zona dove il coronavirus si è diffuso abbondantemente, hanno chiesto di sottoporsi, se non al tampone, quanto meno al test sierologico per essere sicuri di non essere dei conduttori positivi del virus. Una richiesta che è stata avanzata anche dai Vescovi toscani. Nella diocesi di Pitigliano, i sacerdoti faranno il test di base volontaria. Il Protocollo siglato tra Cei, governo e Comitato Tecnico scientifico ha stabilito regole precise alle quali si dovranno attenere tutte le diocesi italiane. In ultima battuta è stato fissato anche il tetto massimo dei fedeli: 200 per le chiese grandi, fino a mille se la celebrazione- cosa che faranno tanti parroci dal nord al SUD del Paese – sarà all’aperto. Regole univoche per tutti richiamate stamani dal presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, che in un video messaggio ha ricordato anche che il segno della pace potrà essere tramutato in un sorriso tenendo la debita distanza. In Calabria, il parroco di Castelsilano, don Francesco De Simone segnala la difficoltà di reperire mascherine e, per vincere i timori dei fedeli, ha deciso che si laverà le mani davanti a loro e distribuirà la comunione con la pinzetta, avversata da tanti colleghi per il richiamo all’attrezzo da pasticcere. A Ferrara, invece, la diocesi, in caso qualche fedele non la avesse, distribuirà nelle parrocchie le mascherine, tassative per fedeli e sacerdoti. E nelle parrocchie di periferia? “Farò quello che è possibile e nella realtà in cui mi trovo – dice don Andrea Conocchia, parroco di Torvaianica, sul litorale romano -. Mi riservo la messa mattutina delle 8.30 perché la mia missione e’ anche di aiutare le tante persone in difficoltà e non le abbandono. Poi, i due soggetti principali saranno Dio e gli scienziati”.