“Siamo il governo dei fatti, non degli annunci”: con questo mantra il premier Giuseppe Conte si avvia ad affrontare una settimana cruciale per il futuro suo e del suo governo. Un messaggio che Conte mette in contrasto all’accusa di attendismo contenuta in quello che, rivolgendosi ai titoli dei giornali per parlare alla sua stessa maggioranza, non esita a definire “chiacchiericcio”. “Nulla di piu’ lontano dalla realta’”, scandisce il premier, di fronte ai tre principali sindacati del Paese, che la settimana prossima potrebbero essere convocati a Palazzo Chigi per la definizione di due misure con cui il premier vuole spazzar via il vento della crisi: la riforma del fisco e il decreto luglio. Nell’Auditorium della Nuvola di Fukas e’ il giorno del neosegretario della Uil, Pierpaolo Barbieri. In prima fila ci sono Conte e i ministri Nunzia Catalfo e Roberto Gualtieri. E un lungo colloquio a porte chiuse tra il premier e i tre leader di Cgil, Cisl e Uil fa da appendice all’evento. Sulla potenziale alleanza con i sindacati il governo conta non poco. Anche perche’, dall’altra parte, la Confindustria targata Carlo Bonomi continua a bombardare l’esecutivo. Ed e’ ai sindacati che il premier sottolinea la necessita’ “di un dialogo franco, senza prendersi in giro”. Sulla scuola – ricorda – “ci avete fatto penare, ma abbiamo risposto stanziando un ulteriore miliardo”. Sulla riforma del fisco come sul decreto luglio i sindacati saranno coinvolti. La settimana prossima, annuncia il premier, si aprira’ con Gualtieri il tavolo per la riforma fiscale. “Sara’ una riforma organica. Progressivita’, semplificazione, riduzione del carico fiscale per le famiglie” saranno le tre direttive, spiega il titolare del Mef unendosi al messaggio del premier: “questo e’ il governo dei fatti”. Non lontano, il centrodestra unito dal coro unanime contro Conte tenta di superare le divisioni sul Mes e sul dialogo offerto da Silvio Berlusconi con una nuova manifestazione di piazza. “Ci descrivono come attendisti, come incapaci di prendere decisioni. E’ vero il contrario. Questo e’ il governo che ha assunto decisioni mai prese nella storia repubblicana. Noi siamo quelli dei protocolli di sicurezza, del patto di rilancio piu’ ambizioso, della semplificazione piu’ coraggiosa”, e’ la replica, a distanza, offerta dal presidente del Consiglio. Ma il suo e’ un messaggio anche a chi, nella maggioranza, lo ha accusato nei giorni scorsi di tergiversare troppo. “All’inizio della settimana prossima approveremo il decreto semplificazioni”, assicura Conte senza soffermarsi sui nodi che hanno determinato il rinvio del provvedimento. Ma, sul dossier appalti, se da un lato il premier torna a sottolineare che “i presidi di legalita’ saranno rafforzati” dall’altro sembra mettersi in scia con chi – da Iv al M5S – spinge per una deroga (sulle gare, per un numero limitato di opere, ad esempio) che dia impulso agli investimenti. “Non possiamo pensare che per episodi di sacche di illegalita’ questo Paese non debba correre. Non e’ possibile esitare, questo e’ il momento del coraggio”, sottolinea il premier. Eppure le ombre sul Conte II sono tutt’altro che diradate. E sono alimentate dall’esplosione dello scontro sulla legge elettorale, con Matteo Renzi che rilancia il maggioritario – sul quale anche Matteo Salvini ci starebbe, anche se il leader della Lega nega qualsiasi tipo di dialogo, per ora – e il Pd che chiede il rispetto dell’accordo sul proporzionale. Resta anche irrisolto il “capitolo” alleanze sulle Regionali, sulle quali l’appello del premier finora e’ caduto nel vuoto: al momento anche il “quarto nome” che sbloccherebbe lo stallo in Liguria langue mentre nel Pd si chiede un passo avanti al M5S anche nelle Marche. E poi c’e’ il Mes, il “Grande detonatore” pronto a esplodere. In mattinata, ultimo a chiederlo in ordine cronologico, e’ il nuovo segretario della Uil Barbieri. Conte, probabilmente, ne parlera’ anche con i suoi omologhi di Portogallo e Spagna nei faccia a faccia previsti per martedi’ e mercoledi’. Il “no” del M5S, sebbene piu’ silenzioso di qualche giorno fa, resta. Ma su un dato, nel Movimento, si dicono certi: se Conte cadra’ sara’ stato il Pd a farlo cadere.