Alla fine di giugno sono in totale 8,340 milioni gli iscritti a forme di previdenza complementare e il numero di posizioni in essere è pari a 9,223 milioni, con una crescita, rispetto alla fine del 2019, di 105.000 unità (1,2%), inferiore rispetto ai periodi precedenti all’emergere dalla crisi epidemiologica e pressoché nulla nel secondo trimestre. Le risorse destinate alle prestazioni risultano pari a circa 185 miliardi di euro, di nuovo in linea con il valore raggiunto a fine 2019. Sono i principali dati statistici al 30 giugno diffusi dalla Covip e riportati dall’agenzia Agi.
Aumentano le posizioni per i fondi negoziali: spicca il settore edile
I fondi negoziali registrano circa 59.000 posizioni in più (1,9%), portando il totale a fine giugno a 3,219 milioni. E’ ancora il fondo destinato ai lavoratori del settore edile, per il quale opera l’adesione contrattuale, a registrare il maggior incremento (26.400 unità); segue il fondo rivolto ai dipendenti pubblici (11.500 unità in più), ancora caratterizzato da un numero di adesioni contenuto rispetto alla platea potenziale. Nelle forme pensionistiche di mercato, i fondi aperti contano 1,571 milioni di posizioni, crescendo di circa 20.000 unità (1,3%) rispetto alla fine del 2019. Per i Pip “nuovi” il totale delle posizioni è di 3,444 milioni, in aumento nel semestre di circa 25.000 unità (0,7 per cento).
Il patrimonio ha recuperato le perdite in conto capitale nel trimestre precedente, in calo i flussi contributivi
l patrimonio dei fondi negoziali risulta pari a 56,7 miliardi di euro, quello dei fondi aperti a 23,1 miliardi e quello dei Pip “nuovi” a 36,2 miliardi. Per tutte queste forme, il patrimonio ha recuperato nel complesso le perdite in conto capitale registrate nel trimestre precedente. I flussi contributivi nel primo semestre del 2020 sono stati pari a 5,449 miliardi, inferiori a quelli del primo semestre del 2019. Per quanto riguarda i fondi negoziali e i fondi aperti, i contributi sono cresciuti a un tasso significativamente inferiore a quello registrato tra il primo semestre 2019 e il primo semestre del 2018. Nei Pip “nuovi” i contributi, rispetto al corrispondente periodo del 2019, sono calati anche in termini assoluti.
Risalgono ma restano negativi i rendimenti medi
Anche se in risalita restano negativi i rendimenti medi dei fondi pensione rispetto alla fine del 2019. In un contesto in cui, osserva la Covip, “i mercati finanziari hanno recuperato terreno nel secondo trimestre del 2020 dopo le pesanti perdite registrate nella prima parte dell’anno” e “le misure espansive adottate nelle principali aree economiche e il progressivo allentamento dei provvedimenti restrittivi decisi dalle autorità per contenere il propagarsi della pandemia hanno reso piu’ distese le condizioni sui mercati”. Dopo essere scesi nel primo trimestre, si sottolinea, “i rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine si sono stabilizzati sia negli Stati Uniti sia nell’area dell’euro. I differenziali di rendimento dei titoli governativi italiani rispetto ai titoli tedeschi sono diminuiti. I listini azionari sono progressivamente risaliti, riavvicinandosi nel complesso ai valori di fine 2019 e la volatilità si è notevolmente ridotta”.
A quanto ammontano le perdite?
Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno perso l‘1,1% mentre i fondi aperti e i Pip di ramo III, caratterizzati in media da una maggiore esposizione azionaria, hanno perso, rispettivamente, il 2,3% e il 6,5%. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari allo 0,7 per cento. I rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, secondo la Covip, restano “nel complesso soddisfacenti” nonostante la recente crisi. Nei dieci anni da inizio 2010 a fine 2019, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,6% per i fondi negoziali, al 3,8% per i fondi aperti e per i Pip di ramo III, e al 2,6% per le gestioni di ramo I. Aggiungendo ai dieci anni gli ultimi sei mesi, i rendimenti medi annui composti scendono al 3,3% per i fondi negoziali, al 3,4% per i fondi aperti e al 3 per i Pip di ramo III; restano pari al 2,5% i prodotti di ramo I. Per entrambi i periodi, la rivalutazione del Tfr è risultata pari al 2% annuo.