Confesercenti lancia un nuovo allarme. E prevede un autunno drammatico per il settore terziario, a partire da commercio e turismo dove circa 90mila imprese sono pronte a chiudere per sempre i battenti, anche al netto di nuovi lockdown. Un colpo senza precedenti al lavoro autonomo, che avrà conseguenze anche sul lavoro dipendente: tra le attività che proveranno a resistere, infatti, quattro su dieci segnalano la necessità di ridurre il personale.Ad accendere un faro sulle prospettive del mondo del lavoro è intanto anche Unioncamere che nell’ultimo aggiornamento (luglio 2020) del modello di previsione dei fabbisogni occupazionali sviluppato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior prevede che l’Italia entro il 2024 dovrà sostituire più di 2,5 milioni degli attuali lavoratori, tra autonomi, settore pubblico e privato. E a trainare nello scenario post Covid sarà il settore della Salute. Le sostituzioni di forza lavoro si renderanno necessarie perché i lavoratori avranno raggiunto l’età di pensionamento o per altre cause. Questo dato, sommato agli incrementi (o alla diminuzione) degli occupati previsti in base ai possibili andamenti annuali del Pil, determinerà un fabbisogno complessivo compreso tra 1,9 e 2,7 milioni di lavoratori.Lo studio analizza due possibili scenari economici. Secondo quello base la crescita economica potrà generare nel quinquennio 2020-2024, in maniera molto differenziata nei vari settori, un incremento rispetto al 2019 dello stock di occupati di circa 179mila unità, mentre secondo lo scenario avverso si prospetterebbe una flessione dello stock di occupati di circa 556mila unità a fine quinquennio.Nei cinque anni il settore privato potrebbe aver bisogno di 1,2-2 milioni di lavoratori, quello pubblico esprimerà un fabbisogno di 720mila occupati, mentre il fabbisogno di lavoratori autonomi si collocherà tra 400mila e 600mila unità. Dal punto di vista territoriale, sarà il Nord Ovest ad avere bisogno della quota maggiore di occupati (609mila/844mila unità), seguito dal Nord Est (492mila/665mila unità), dal Mezzogiorno (500mila/661mila unità), e in misura minore dalle regioni del Centro (361mila/527mila unità). Concentrandosi sul biennio 2020-2021, Unioncamere sottolinea “gli effetti senza precedenti dell’attuale crisi economica che ha colpito in misura diversa i vari settori produttivi, rispetto alle tendenze del triennio 2022-2024 per il quale si ipotizza un rimbalzo dell’economia”. In questi due anni sia il settore privato che la pubblica amministrazione potrebbero aver bisogno di un numero compreso tra i 272mila e i 799mila lavoratori.In termini di settori su cui puntare, Unioncamere prevede il fabbisogno più elevato nella filiera salute, con una richiesta di 223-241 lavoratori, in altri servizi pubblici e privati una domanda che si collocherà tra 145mila e 170mila occupati, e nella formazione e cultura saranno richiesti tra i 152mila e i 169mila professionisti.In territorio molto negativo invece la filiera commercio e turismo (-172mila/-40mila unità), seguita da legno e arredo (-55mila/-9mila unità). Poi moda (-55mila/1mila unità), Finanza e consulenza (-40mila/43mila unità), altre filiere industriali (-33mila/8mila unità), meccatronica e robotica (-10.400/19mila unità) e costruzioni e infrastrutture (-4mila/43mila unità).