Si tiene oggi nel siderurgico ArcelorMittal, ex Ilva, di Taranto il primo dei due scioperi indetti da Fim, Fiom e Uilm per contestare le modifiche all’organizzazione del lavoro decise dall’azienda. Lo sciopero, di 24 ore, interesserà il solo reparto ProduzioneLamiere.
Il 7 settembre, invece, sempre per 24 ore di astensione, toccherà al Laminatoio a Freddo. La decisione sindacale di fermare l’attività in questi due reparti e non nell’intero stabilimento, è motivata dal fatto che proprio questi due reparti sono oggetto dei cambiamenti organizzativi che lesigle metalmeccaniche contestano. Presentato anche un esposto all’Inps.
E ancora ieri, in un ultimo tentativo di mediazione con ArcelorMittal, i sindacati hanno cercato di fermare i cambiamenti. Non hanno però ottenuto alcun risultato perché l’azienda ha confermato le sue decisioni.
Se gli scioperi di oggi e del 7 erano già stati programmati prima che il 2 settembre, a Roma, l’amministratore delegato di ArcelorMittal, Lucia Morselli, incontrasse i vertici nazionali di Fim, Fiom e Uilm, e quindi l’incontro non ha influito sulle decisioni prese a Taranto, il loro svolgimento, tuttavia, segna un ulteriore peggioramento delle relazioni tra le parti a livello locale e rende più problematica una loro ricomposizione.
È accaduto infatti, nelle ultime ore, che ArcelorMittal abbia annunciato dall’11 settembre la fermata produttiva, sino a quando non ci saranno ordini di lavoro da svolgere, del reparto Produzione Lamiere, cioè quello dove oggi si sciopera. Un annuncio che l’azienda ha fatto dopo le nuove nuove contestazioni sindacali e che Fim, Fiom e Uilm reputano come “gesto di sfida”.
“ArcelorMittal – sostengono le tre sigle metalmeccaniche – prova a creare uno stato di confusione tra i lavoratori e a indebolire lo sciopero dei sindacati. Il Governo, complice del clima di incertezza che vivono i lavoratori e la città, non fa nulla per impedire una situazione che rischia seriamente di diventare esplosiva”.
“Non c’è da meravigliarsi di nulla ormai – aggiungono gli esponenti sindacali – solo il Governo continua a illudersi che sia ancora possibile trattare con ArcelorMittal e con l’ad Lucia Morselli. In quanto all’annunciata fermata della Produzione Lamiere, nulla di nuovo – sottolineano – è un ennesimo impianto che si ferma in una fabbrica che si va spegnendo”.
E anche i vertici nazionali di Fim, Fiom e Uilm, il 2 settembre, a fronte dell’orientamento dell’azienda di voler riprendere le relazioni sindacali, ritenute “inesistenti” dalle sigle metalmeccaniche, hanno detto all’ad Morselli che questo deve avvenire “coinvolgendo gli stabilimenti e i territori, dove ci sono, a partire da Taranto, enormi problemi aperti”.
Ma al di là dello sciopero di oggi, è l’insieme del rapporto tra ArcelorMittal e Taranto che segna un ennesimo peggioramento. Il sindaco Rinaldo Melucci manifesta solidarietà agli operai in sciopero ed esprime “rifiuto” verso il modello dell’azienda. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Mario Turco, che il 2 settembre ha incontrato l’azienda per il problema dei mancati pagamenti all’indotto, ha precisato che la cabina di regia che l’11 settembre si riunirà in Prefettura a Taranto deve servire a capire “la reale capacità e affidabilità finanziaria di ArcelorMittal” sul versante del rapporto con i fornitori.
“Attendo risposte concrete e tangibili” ha dichiarato il sottosegretario Turco. Negativi anche i rapporti con la politica, con M5s che in Puglia, in queste ore, rilancia la chiusura dell’area a caldo del siderurgico di Taranto, come già avvenuto a Trieste e Genova, mantenendo la sola area a freddo, alimentata da semilavorato proveniente dall’esterno. “L’area a caldo inquina – sostiene M5s – danneggia l’ambiente, non è sicura e in Italia sono già state chiuse all’infuori di Taranto”.