Standard & Poor’s migliora la prospettiva sul rating dell’Italia, portandola a ‘stabile’ da negativa’ e mantiene il merito di credito a BBB, allontanando i timori di un avvicinamento ali livello junk, speculativo. Secondo l’agenzia infatti, nonostante le incertezze, le misure economiche intraprese per contrastare la crisi dall’Italia, dalla Bce e dall’Unione europea, “offrono alle autorità italiane un’opportunità per riavviare la crescita economica e per invertire il deterioramento dei risultati di bilancio”. MA l’ allarme per la crescita resta , con l’Upb che avverte di un “futuro appeso agli effetti della seconda ondata” , prima ancora che per lockdown e coprifuoco locali: tanto che il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, a valle di interventi complessivi per 100 miliardi di euro, dichiara: “Il governo continuerà a sostenere l’economia anche con misure nuove per tutti coloro sulle cui spalle ricade il peso” della recrudescenza dei contagi. La stima di crescita per il 2020 dell’Upb era già peggiore del -9% del Governo, un -10,4%. Ora – si legge nella nota sulla congiuntura – l’impatto della fiammata dei contagi sulla stima “appena positiva” per il quarto trimestre, porta inevitabilmente al segno meno: potrebbe andare “da circa tre punti percentuali, in uno scenario meno sfavorevole, a otto punti nello scenario maggiormente avverso. Il Pil 2020 perderebbe da uno a due ulteriori punti percentuali, e “gli effetti sarebbero maggiori sulla variazione percentuale del 2021”.
L’Upb non ne fa cenno ma fra le righe del dibattito delle ultime settimane c’è un rischio che ogni tanto affiora. Quello di una doppia recessione, come nella grande crisi finanziaria. Quel rischio, se concretizzato, farebbe del rimbalzo del terzo trimestre (+12% secondo l’Upb) dei mesi estivi in cui molti avevano intravisto la luce del tunnel, un beffardo fuoco di paglia. E un quarto trimestre in negativo avrebbe il classico ‘effetto trascinamento’ sull’intero anno. Facendo vacillare le stime della Nadef di un +6%. Rimettendo in discussione l’impalcatura dei conti pubblici, con l’Upb che si aspettava già prima un debito al 160%. E dando forza al dibattito europeo in cui si riaffaccia l’idea non solo di un nuovo intervento della Bce a dicembre (ormai dato per scontato). Ma anche di un rafforzamento, magari rendendolo permanente, del recovery fund sul quale si trascina una coda di negoziato, questa volta fra Parlamento europeo e Consiglio, a proposito del quale Gualtieri si dice fiducioso che si possa chiudere a breve. Lo shock della seconda ondata, del resto, si abbatte in maniera sparsa in Europa. L’indice Pmi dell’Eurozona è tornato a puntare sulla contrazione dell’attività economica (cioè sotto 50) a 49,4. Si distingue in positivo solo la Germania agganciata al ciclo economico della Cina, con un Pmi manifatturiero ai massimi di due anni e mezzo. Ma l’Italia, per contro, dopo la ‘botta’ in primavera e strutturalmente ingessata, ne esce fra i Paesi più colpiti. Con due dati – crollo del 70% del traffico aereo a settembre e nuova caduta di quello autostradale dopo la ripresa estiva – che fotografano, appunto, un futuro appeso all’andamento dei contagi. Tutto, avverte l’Upb, dipenderà “fortemente dall’evoluzione dell’epidemia, che nelle ultime settimane ha ricominciato a diffondersi velocemente in Italia”. Rischiando di far rimpiangere il non aver fatto un investimento davvero cospicuo, nei mesi in cui la pandemia aveva allentato la morsa, su tracciamenti, presidi territoriali del sistema sanitario, rete di assistenza domiciliare ai malati.