Intervenire subito con chiusure nelle aree più a rischio, potenziare test e tracciamento, mantenere aperte le scuole per i ragazzi fino ai 14 anni. Sono queste alcune delle richieste espresse da 12 tra i più importanti medici e ricercatori italiani, contenute in un documento inviato al governo e ai membri del Comitato Tecnico Scientifico, in vista della firma del nuovo DPCM prevista per oggi. Il testo, sottoscritto tra gli altri da Antonella Viola, immunologa dell’Università di Padova, e Susanna Esposito, ordinaria di Pediatria dell’Università di Parma e consulente dell’OMS, si sottolinea la gravità della situazione in Italia: “Tutti i dati confermano la forte criticità della diffusione di SARS-CoV-2 nel Paese. La maggior parte delle Regioni italiane presenta le caratteristiche descritte nello scenario n. 4 del Piano redatto dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità”. Questo quadro, continuano gli autori del documento, “impone azioni restrittive da attuarsi rapidamente”. Le misure richieste nel documento vanno dalla costituzione di “zone rosse” per un periodo minimo di 3 settimane nelle città di Milano, Napoli, Roma e Genova. Nel resto del Paese si individua come prioritaria l’assunzione di personale sanitario, l’adeguamento tecnologico per le attività di test e tracciamento, e il potenziamento del trasporto pubblico nelle aree a maggior rischio. Gli scienziati domandano, inoltre, l’inserimento nel prossimo pacchetto di misure previste dal governo l’obbligo allo smart working per tutte le attività dei settori pubblici e privati effettuabili in modalità agile e la sospensione per un periodo di due settimane delle attività non essenziali. Particolare attenzione è riservata al tema delle scuole: secondo gli autori, è “essenziale” che i servizi educativi 0-6 anni, le scuole elementari e medie continuino le attività educative e didattiche in presenza. “La loro chiusura avrebbe conseguenze psicologiche, educative e sociali drammatiche, a fronte di una non significativa riduzione dei contagi». Bocciata anche l’ipotesi, circolata negli ultimi giorni, di spostare in didattica a distanza i ragazzi di terza media. Per quanto riguarda i più piccoli, le scuole aperte avrebbero anche conseguenze economiche: «la frequenza a questi servizi dei bambini di 0-6 anni consentirebbe l’attività lavorativa dei genitori”. Una strategia differente viene invece individuata per le università, per le quali i medici chiedono il passaggio alle lezioni online al 100% per il primo semestre dell’anno accademico, ad eccezione dei tirocini professionalizzanti e delle attività di laboratorio. Gli autori concludono chiedendo “l’elaborazione di una strategia di medio-lungo periodo”, in cui le scuole aperte devono essere considerate dal governo come un servizio essenziale.