La manifattura mondiale e’ “sotto lo scacco” della pandemia, con effetti che non risparmiano nessuna delle principali aree industrializzate del pianeta, ad eccezione della Cina. In questo scenario, l’Italia “resiste”, contenendo la contrazione produttiva. Anche se le prospettive, con la seconda ondata, sono tornate negative. A fotografare la “resilienza” dell’industria italiana e’ il rapporto annuale del Centro studi di Confindustria. Messa pero’ ancora a dura prova dall’emergenza Covid e con “l’alto rischio” che l’Italia possa “non sfruttare pienamente” l’occasione, unica, data dal Recovery fund. Avverte il presidente di viale dell’Astronomia, Carlo Bonomi. Sul piano nazionale, il governo con il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, intervenuto alla presentazione degli “Scenari industriali” del Csc, torna ad assicurare che non e’ in ritardo: “Stiamo studiando, e siamo in uno stato avanzato, come utilizzare, non spendendo ma investendo, le risorse del Recovery, che non sono infinite”, sottolinea.
Un tema su cui incalza Bonomi: “Il piano Next Generation Eu rappresenta una opportunita’ senza precedenti per realizzare un programma massiccio di investimenti pubblici e privati, che rilanci la competitivita’ del sistema produttivo italiano nella fase di ripresa post-pandemia”. Ma “il rischio che l’Italia non riesca a sfruttare pienamente questa opportunita’ purtroppo e’ molto alto”.
E proprio “per minimizzarlo”, secondo il presidente di Confindustria, “sarebbe auspicabile che il piano fosse perseguito individuando pochi, grandi progetti su nodi strategici per lo sviluppo del Paese” . E con una governance “unitaria” a livello nazionale. Del resto, se da un lato il sistema industriale italiano in questi mesi “ha mostrato una resilienza ed una capacita’ di reazione notevole dopo il lockdown contribuendo in modo decisivo al rimbalzo del terzo trimestre”. Invece, purtroppo “la ripresa prevedibile dei contagi ha di nuovo invertito la tendenza” e di ripresa economica. “si parla ormai per il 2022”, rimarca il numero uno degli industriali. “Preoccupano i ritardi nel concepire una strategia di sviluppo sostenuto e sostenibile per l’Italia”, che torna a puntare il dito sulla mancanza di “una visione di politica economica” e sul procedere “a passi brevi”. Afferma ancora Bonomi,
Il rapporto sugli “Scenari industriali” del Csc fotografa l’impatto della pandemia sui livelli di attivita’ della manifattura italiana che “e’ stato immediato e violento”: nei due mesi di lockdown totale, marzo e aprile scorsi, la produzione e’ diminuita “mediamente di oltre il 40%. Anche se con un profilo fortemente disomogeneo a livello settoriale (dal -92,8% della produzione di prodotti in pelle al -5,5% del farmaceutico)”. Tuttavia il recupero da maggio e nei mesi estivi e’ stato “pressoche’ istantaneo. Nel giro di quattro mesi il livello di produzione e’ tornato intorno ai valori di gennaio con un incremento del 76%. Rispetto al minimo toccato in aprile”, indica il Csc.
Nel confronto internazionale, il rallentamento produttivo dell’Italia “non costituisce una anomalia” e rispetto alle altre grandi economie europee. L’Italia mostra, anzi, “una contrazione dei tassi di crescita relativamente contenuta, oltre che una maggiore reattivita’ allo shock pandemico”, sottolineano gli economisti. Con la seconda ondata della pandemia, pero’, “le prospettive per i mesi autunnali sono tornate negative”. Ancora nel 2019 l’Italia compare “stabilmente” al settimo posto della graduatoria mondiale dei principali produttori manifatturieri. Con una quota del 2,2%, davanti alla Francia (1,9%) e al Regno Unito (1,8). E fa bene anche sul fronte della sostenibilita’ ambientale: secondo le stime del Csc, la manifattura italiana si colloca al quarto posto tra le principali economie globale. Al terzo nell’Ue per minor intensita’ di Co2 (in rapporto al valore aggiunto), su livelli equivalenti a quelli registrati dalla manifattura tedesca.