di Maria Caterina Bruno
La lotta al Covid non si ferma. E così, anche il mondo della ricerca continua a prestare in proprio prezioso ed indispensabile contributo, al fine di ordinare uno scenario complesso ed in rapida evoluzione. Arriva dall’Università della Basilicata la notizia della pubblicazione sulla rivista scientifica “Bulletin of Atmospheric Science and Technology” di uno studio realizzato Paolo Di Girolamo, docente nella Scuola di Ingegneria dell’Unibas. Da quanto emerge dalla ricerca, il particolato atmosferico risulta essere in grado di favorire la diffusione aerea del Covid-19 nei luoghi chiusi. L’ufficio stampa dell’Ateneo lucano ha reso noto che sono stati oggetto di analisi “i dati epidemiologici e di inquinamento da particolato nelle 110 province italiane durante la prima ondata della pandemia. Nello specifico, è stata eseguita un’analisi statistica per correlare il tasso di infezione e mortalità, nonché il tasso di mortalità tra i contagiati, con le concentrazioni del particolato atmosferico di tipo Pm10”. Il comunicato ufficiale sottolinea che dal momento in cui sono stati accertati i primi casi sul territorio nazionale, quindi nel periodo della cosiddetta prima ondata, “gran parte delle province delle regioni del Nord, soprattutto quelle che si affacciano sulla Pianura hanno subito gravi conseguenze in termini di contagi e vittime. In queste regioni elevati livelli di Pm2.5 e Pm10 sono stati osservati nei due mesi che hanno preceduto l’inizio della pandemia, con i livelli di rischio per queste due inquinanti superati in 20-40 giorni nel periodo tra gennaio e febbraio 2020 in molte aree della Pianura Padana, lì dove si sono registrati gli effetti più’ importanti in termini di infezione e vittime”. Nel concreto, quanto riscontrato dalle ricerche del Professor Di Girolamo “evidenzia come il tasso di mortalità’ tra i contagiati risulti correlato alla concentrazione dei Pm10, con un coefficiente di correlazione pari a 0.89 e una pendenza della retta di regressione che testimonia un raddoppio del tasso di mortalità dei pazienti infetti (da 3 al 6%) per un aumento medio della concentrazione di Pm10 da 22 a 27 μg/m3”. Un importante risultato frutto del meticoloso lavoro scientifico che conferisce un’ulteriore nota di merito alla prestigiosa realtà accademica meridionale.