Più che una provocazione è una possibilità concreta. Sogin, la società pubblica di gestione del nucleare ha pubblicato la mappa dei 67 potenziali siti per lo stoccaggio perpetuo delle scorie nucleari italiane. Sette le regioni che, in base a 25 criteri, hanno zone geosismiche compatibili con la costruzione di un deposito di massima sicurezza: Piemonte, Toscana, Lazio, Sardegna, Sicilia ma anche Puglia e Basilicata. A rischio i comuni di Gravina, Altamura, Laterza, Matera, Bernalda, Montalbano, Montescaglioso, Genzano, Irsina, Acerenza e Oppido Lucano. Enti locali e ambientalisti, come già 17 anni fa, sono al lavoro per contrastare una scelta non condivisa dai territori che deciderebbe per sempre il futuro di regioni che oggi hanno una vocazione turistica e agricola. E’ possibile impedire un simile destino e cosa significa sigillare sotto metri di cemento armato, rifiuti radioattivi a bassa e media attività che per diventare innocui per salute e ambiente richiedono 300 anni?
In un dibattito moderato da Rocky Malatesta, fondatore di -Arium Lab, si parlerà di scorie radioattive, centrali nucleari, siti di stoccaggio, rischi ambientali, volontà popolare e pericoli per la salute, ma non solo. Venerdì 15 gennaio alle ore 18.30, in una diretta online sulla pagina del gruppo Facebook di -Arium Lab (https://www.facebook.com/groups/3253016191436621), si confronteranno Marisa Ingrosso, autrice di “Sud Atomico”, saggista e redattrice de La Gazzetta del Mezzogiorno, e Nicolò Carnimeo, delegato WWF Italia per la Puglia.
“Puglia e Basilicata contano 17 zone candidate ad ospitare il sito di stoccaggio tra le province di Bari, Taranto, Potenza e Matera. Con -Arium Lab – dice Rocky Malatesta – vogliamo contribuire al dibattito su un tema che desta giustificato scalpore ma ci spingiamo oltre per parlare di tutto quello che c’è dietro al rischio dello stoccaggio atomico”.
“Il nucleare – dice la giornalista che con i suoi articoli ha vinto nel 2013 il primo Premio nazionale per la divulgazione scientifica bandito da Ail e Cnr – non è archiviato. Oggi gli italiani pagano caro, nella bolletta elettrica, lo smantellamento di centrali, laboratori e depositi sia pubblici sia privati. Milioni di euro che non sono sufficienti a ‘comprare’ una gestione sicura e democratica del nucleare. E’ proprio per la mancata adozione del piano di sicurezza del combustibile delle centrali e dei rifiuti radioattivi che il nostro Paese è stato deferito alla Corte di Giustizia europea. Quanto alla democrazia, l’ho sperimentata in prima persona. Per informare i lettori di quali fossero i piani di bonifica approvati, ho chiesto di visionarli. Mi è stato opposto il Segreto di Stato”.
Marisa Ingrosso svela in “Sud Atomico. Gli esperimenti, gli incidenti, le contaminazioni” documenti e verità scioccanti su cosa è accaduto nell’ambito della “filiera nucleare” italiana, in Basilicata, Puglia e Sicilia. Seguendo le tracce delle maggiori inchieste giudiziarie, tra traffici di materiale radioattivo, ‘ndrangheta, mafia e omicidi irrisolti (Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Enzo Fragalà), l’autrice conduce alla scoperta di un passato che è attuale quanto i progetti per i depositi nazionali delle scorie o quanto i cancerogeni che oggi inquinano le acque di falda.
“Nel 2018, con Sud Atomico, ho fornito alle popolazioni uno strumento di informazione e consapevolezza. Oggi, con l’indicazione dei siti idonei a ospitare il cimitero nazionale delle scorie, si registra l’opposizione dei cittadini. Ciò che però bisogna chiarire è che il processo per la creazione dei depositi nazionali del nucleare non potrà essere fermato con un No. Le comunità dovranno fare lo sforzo di informarsi davvero, non solo leggendo un titolo sul web. E dovranno riuscire a confrontarsi, nonostante il Covid. I migliori esperti dovranno essere coinvolti. Perché motivare quel No non sarà semplice e il tempo è pochissimo”.