“Nel 2020 gli stranieri iscritti negli elenchi anagrafici dell’Inps erano 32.341 su 166mila operai agricoli totali, per 2,7 milioni di giornate. Oltre un terzo di loro, il 35 per cento, non riesce a raggiungere pero’ le 50 giornate di lavoro: un dato che rileva la presenza di tanto grigio che si somma al diffuso lavoro nero”.
Lo comunicano in una nota congiunta i segretari generali della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, e della Flai regionale, Antonio Gagliardi. “Negli ultimi anni – evidenziano – il numero di giornate denunciate e’ aumentato, anche a fronte della riduzione dei lavoratori iscritti negli elenchi, a conferma che la legge 199/2016 qualche effetto deterrente l’ha ottenuto. Ma persiste il fenomeno di registrare molte meno giornate a fronte di quelle effettivamente svolte, se si pensa che tutta la campagna del pomodoro e del melone il Puglia e’ fatta da lavoratori stranieri.
Cosi’ si spiega quel dato di un terzo degli iscritti che non raggiunge le 50 giornate nell’anno”. Per i sindacalisti, che “il tasso di irregolarita’ resti elevato lo dimostrano i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro, fermi al 2019: in Puglia le imprese oggetto di ispezioni sono state 1.538, a fronte delle 78mila attive, e il 55,2% risultava non in regola. Mentre le irregolarita’ emerse dalla vigilanza tecnica salgono quasi al 90%”.
Di contro – aggiungono – e’ ancora basso il numero di imprese che aderisce la Rete agricola del lavoro di qualita’, lo strumento introdotto proprio dalla ‘legge anti-caporalato’: per quanto la Puglia sia prima in Italia tra le regioni, il dato e’ fermo a 1.158 imprese iscritte”.
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