Si fa presto a dire amaro. “Purtroppo” di questo distillato si sa ancora “molto poco. Lo abbiamo notato nella quotidianità”. A parlare è Edoardo Schiazza (“Il signore degli amari, su Clubhouse”, precisa), una delle menti dietro l’Amaroteca del bar Rubik di Bologna e presidente dell’Associazione amaro d’Italia, nata oggi e presentata stamattina alla stampa nel cortile di palazzo Leoni, in via Marsala.
L’associazione ha già 30 tesserati, tutti accumunati da una produzione rigorosamente artigianale, e presto aprirà una nuova campagna di reclutamento. La sua missione? Creare consumatori consapevoli di ciò che bevono. Sì perchè “spesso- spiega Schiazza- si sente dire: ti offro un amaro, ma non si sa cosa si ordina, e da dove venga il liquore. Così ti rimane solo il ricordo, e ne soffre chi produce, perché non si crea conoscenza del prodotto”.
Invece, al mondo degli amari “bisognerebbe dedicare la stessa attenzione che si dedica al vino- prosegue il presidente- creando un disciplinario, corsi di degustazione, e dotando i ristoranti di una carta degli amari che spieghi cosa stiamo bevendo”. Per sottrarre gli amari dall’ombra, l’Associazione ha scelto di rivolgersi ai ricercatori dell’azienda ‘Geotelling’, che hanno realizzato una mappa interattiva che funge da Atlante degli amari italiani, lanciata anch’essa oggi. “Nell’atlante interattivo- spiega Elena Dorato di ‘Geotelling’- abbiamo inserito anche i filtri, per esempio sulla gradazione alcolica. Impostando un limite di gradi, il sito mostra solo i prodotti richiesti. Lo abbiamo voluto open-source, per ora non pensiamo all’app”.
Sono già 64 i prodotti entrati sulla mappa, e oltre 30 i produttori coinvolti, dai ‘big’ ‘Caffo’ e ‘Vernelli’ alle piccole realtà locali. “Basta- spiega Schiazza- che amino e curino artigianalmente il loro prodotto”. Ma oltre al sito, la campagna per diffondere la conoscenza dei distillati d’erbe continua su molti fronti.
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