Singapore, la città-Stato a circa 10mila chilometri dall’Italia non è una meta sconosciuta alle imprese del made in Italy che rappresentano il ventesimo posto tra i suoi fornitori con una quota di mercato dell’1,2% rimasta stabile nel corso degli anni.
Nel 2019 le esportazioni italiane ammontavano a 1,96 miliardi di euro, ma gli effetti della pandemia si sono fatti sentire anche qui: nei primi sei mesi del 2020 l’export italiano ha registrato una battuta d’arresto del 13%. La gestione del Covid e le misure messe in campo rendono però quest’area una delle più promettenti nei prossimi mesi, tanto che Prometeia l’ha annoverata tra le cinque rotte per l’export quest’anno.
«Si tratta di un mercato – spiega Alberto Martinelli, presidente della Camera di Commercio italiana a Singapore (Iccs) – di 5,7 milioni di persone con un reddito pro capite che è il doppio rispetto a quello italiano.
Meta di destinazione, ma anche snodo verso il Sudest asiatico e l’asia-Pacifico in termini di export o per investimenti più duraturi.
La città-Stato è infatti la porta di accesso a un mercato potenziale di oltre 600 milioni di abitanti con un’età media sotto i 30 anni.
«Essere presenti qui – prosegue Martinelli – è un po’ come giocare al trofeo Sei nazioni di rugby. Attenzione però, perché non si improvvisa e occorre avere le idee chiare. Si tratta di un mercato molto competitivo e costoso, con consumatori esperti che richiedono l’eccellenza ma sono disposti a pagare il giusto. Proprio per questi aspetti è un mercato che va seguito e richiede una presenza sul posto anche per comprenderne le sfaccettature culturali».
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