di Gennaro Giuseppe Curcio*
Non si può rimanere inermi difronte alle lacrime di una mamma che chiede giustizia ai politichesi per far sì che suo figlio, portatore di handicap, possa essere una voce ascoltata. Bisogna far rumore, gridare per svegliare le coscienze, ormai addormentate da troppo tempo nel torpore del loro egoismo e del loro “star bene”. Non si possono tacere le responsabilità di chi non vive la politica in maniera virtuosa e con amore, nonostante riescano a zittire, più volte, le parole di chi vuol gridare all’ingiustizia. Bisogna intervenire per rendere bella e virtuosa la nostra politica, pulirla dalle sozzure che inquinano i meandri della vita interiore di chi non prende a cuore i più deboli i più belli davanti all’umanità e a Dio. Anche l’ingiustizia che si fa innanzi ad un bambino con handicap è un abuso e va denunciato in modo grave quanto la pedofilia.
Dobbiamo ricercare la bellezza della vita buona e solamente con l’impegno nel rispetto della dignità della persona e non di un assetto finanziario-economico possiamo riuscire a trasformare la nostra comunità in cui viviamo. Ormai si calcolano prezzi, interessi ed altro sul costo di un bambino portatore di handicap, facendo analogie sui prezziari di altre città, senza rendersi conto di aver messo già sotto i piedi la dignità di ogni piccolo essere umano, considerandolo semplicemente “uno” nella lista finanziaria. Tutto questo non può e non deve essere accettato in primis al cospetto di Dio e poi al cospetto di tutti gli altri esseri viventi.
Diogene, con una lanterna in mano, mezzo svestito e senza una casa se non una botte, cercava col lanternino l’uomo che avesse conservato la virtù più difficile da trovare sulla Terra. Non pensava che tale virtù fosse la saggezza, ma una qualità tanto rara che per trovarla gli serviva almeno un po’ di luce dal momento che cercarla e trovarla era come andar di notte. La virtù che non ha mai trovato e che ha cercato in lungo e in largo è la politica se pensiamo che nasce e vive nell’uomo. Oggi, è tutto un popolo alla ricerca di quella virtù, tanto difficile da trovare. Solo la luce della coscienza e dell’onestà, presenti nel recupero della categoria “Persona”, potrà immetterci in questa ricerca così importante per il bene delle nostre società civili.
In questo tempo in cui la tensione tra etica e politica è divenuta davvero pesante, in cui si fa guerra quotidianamente contro le istituzioni, in cui le rivoluzioni nelle piazze sembrino l’unica via per dimostrare le dissonanze e le deficienze dei politichesi, proprio in questa situazione, si cerca anche una strada per poter costruire una società più giusta e vera all’insegna della solidarietà e del rispetto civile e dei più poveri. Questa realtà in cui non si riescono a trovare punti fermi come l’amore verso i bambini meno felici, ci fa comprendere come la politica ormai sia in una crisi profonda.
La crisi della politica, nasce dalla crisi dell’educazione ed essa dalla crisi dell’uomo.
Insegnare è formare l’uomo. Cioè far giungere l’uomo a se stesso, dargli la sua forma, renderlo più uomo. “Uomo” deve intendersi qui ad un tempo sia in senso individuale sia in senso collettivo, poiché il bisogno d’essere “insegnato” è una delle caratteristiche dell’uomo come animale sociale.
La concezione sull’uomo, nella riflessione politica, occupa un posto predominante per analizzare in modo più analitico e profondo l’idea metafisica del valore “politica”. La politica vissuta dalla e nella persona diviene non solo fondamento di una società ma, poiché fatta di persone, una vera e propria “comunità educante”. L’uomo politico, non è un’idea, ma una persona che abita una società, un universo.
Il vero politico sta al di fuori dei partiti, quali che essi siano, è indipendenza davanti all’azione immediata da intraprendere, che esige una parte considerevole di tecnica e di arte, è tutto l’opposto dall’evasione dalla fuga, perché il politico ha una qualche utilità tra gli uomini solo se rimane tale, e l’indipendenza del politico testimonia la libertà dell’intelligenza di fronte all’istante che passa. Restare libero non significa restare indifferente ed estraneo, ma impegnarsi nel campo della propria competenza per cercare i principi regolatori dell’esperienza politica la risoluzione dei problemi della comunità. Il vero partito, allora, diviene l’analisi e la risoluzione dei problemi fondamentali ritenuti tali da tutti, perché importanti per la vita umana.
Da questo si deduce che l’unica forza fondamentale non è l’affidamento ad un partito, ma saper agire nel mondo attraverso un orientamento datoci dalla nostra ragione, poiché sicuramente in grado di poter cogliere il fine delle nostre azioni, attraverso il bonum honestum, quel bene che ha il suo valore in se stesso. Solo l’intelligenza può condurci verso scelte autentiche, vere e libere, senza nessun condizionamento, vissute nell’indipendenza più assoluta. In questo si evince come bisogna superare lo schematismo della contrapposizione destra e sinistra per far fiorire i valori di verità, di giustizia e di amicizia fraterna.
In questo orizzonte si colloca la forte sottolineatura del valore della comunità politica, non in sé e per sé, come “realtà salvifica” ma come “via” attraverso la quale è possibile la crescita più piena di ciascuno dei suoi membri. In questo senso la promozione integrale della persona e del bene comune, fine primario della comunità politica appare un aspetto fondamentale di quel processo volto alla creazione di un mondo più umano e più giusto della cui sorte il popolo si sente intimamente partecipe.
Con queste basi possono crescere veri politici che virtuosamente e con amore vogliono costruire una società giusta, dove ognuno, dal più fragile al più forte possa vivere bene, e dove il più debole possa sentirsi forte quanto il “più forte”, a maggior ragione quando sono i bambini a subire minacce di ogni tipo e di ogni sorta. In questa epoca dove è ormai difficile trovare punti fermi, l’unica speranza per noi “mortali” rimane la luce della coscienza “illuminata” e“illuminante” di chi ancora come Diogene è alla ricerca di una politica vera ed autentica, sicuro che quando la giustizia trionferà, allora potremmo gridare che è finita finalmente l’epoca del politichese, attento alle “prossime elezioni” ed è cominciato il tempo del politico, proiettato, invece, alle “future generazioni”.
*Segretario generale Istituto Internazionale Jacques Maritain – Roma
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