«Quei movimenti guardavano in avanti e chi allora guidava l’economia e la finanza internazionale si rendeva solo in parte conto dell’entità dei fenomeni che stavano accadendo». Quando nel luglio del 2001 Genova diventò il palcoscenico delle istanze dei No global, Carlo Cottarelli era al Fondo monetario internazionale, il nemico per definizione di chi protestava con il neoliberismo sfrenato, ma anche contro le politiche economiche fondate sul debito, ancora contro la distribuzione iniqua della ricchezza mondiale. Cottarelli oggi, vent’anni dopo, riconosce che i costi della globalizzazione erano stati sottovalutati in alcuni importanti aspetti e, anche ora, dice in un’intervista a Huffpost, «Su tanti dei temi sollevati siamo rimasti ancora alle parole. Con la crisi del 2008, le istituzioni che governano l’economia mondiale hanno iniziato a riflettere sul fatto che la globalizzazione poteva avere non solo effetti positivi, ma anche negativi. Abbiamo assistito a un vero e proprio ripensamento della globalizzazione stessa». E ancora: «Indubbiamente la globalizzazione ha portato a un cambiamento di distribuzione del reddito a favore del capitale e dei più ricchi all’interno di ogni Paesi, soprattutto negli Stati Uniti e nei Paesi anglosassoni dove lo Stato è meno presente e il sindacato meno forte. Ma la globalizzazione ha anche tirato fuori un miliardo di persone dalla povertà assoluta. Forse chi protestava – conclude – nel 2001 non ha focalizzato bene questo aspetto».
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