Una testimonianza “estremamente interessante, che va collegata alle altre che abbiamo della presenza di greci e soprattutto della cultura greca a Pompei, come dimostrano le tantissime iscrizioni sulle pareti delle case più importanti, non ultima quella venuta fuori nella domus di Orione, dove ricorre il nome di Attica, una schiava greca”. A Pompei la Grecia, soprattutto con i suoi artisti e con i classici della sua letteratura faceva davvero furore. E l’ultima scoperta, con la misteriosa tomba del liberto Marcus Venerius Secundio è in qualche modo la conferma del “trionfo della Grecia negli ambienti più elevati della colonia latina”. L’archeologo Massimo Osanna, per sette anni alla guida del sito campano oggi direttore generale dei musei statali commenta con l’ANSA gli ultimi ritrovamenti frutto di una campagna di scavi che lui stesso da direttore aveva avviato con la missione della Università di Valencia. E ne sottolinea l’importanza, per la storia degli studi, dice, ma anche per la ricostruzione della vita nella cittadina sepolta dal Vesuvio nel 79 d.C. Dall’iscrizione sulla tomba del liberto augustale e custode del tempio di Venere arriva la prima prova diretta che nei teatri di Pompei fosse usuale organizzare spettacoli anche in lingua greca. Un’ipotesi che gli studiosi negli anni hanno avanzato più volte, ricorda Osanna, soprattutto “dopo il ritrovamento di una piccola tessera circolare in osso con inciso il nome Eschilo” che era stata interpretata già allora come gettone di ingresso al teatro. Adesso, alla luce delle dichiarazioni di Secundio che si vanta di aver organizzato quattro giorni di ludi greci e latini, si spiega però anche di più, fa notare l’archeologo, “la presenza di una diffusione così massiccia di miti greci nelle pitture pompeiane”.
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