La ‘ndrangheta è pronta a fagocitare i fondi messi a disposizione dell’Italia attraverso il Pnrr, mentre sta già approfittando della crisi economica legata alla pandemia per impadronirsi di piccole e medie aziende utilizzando i fiumi di denaro a disposizione delle cosche. A lanciare l’allarme sono il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, e il giornalista e studioso Antonio Nicaso attraverso il loro nuovo libro, edito da Mondadori, “Complici e colpevoli”. Il libro è un viaggio nel “profondo Nord”, attraverso una inquietante inchiesta sull’evoluzione della ‘ndrangheta nel Nord Italia. Un percorso che inizia tra gli anni Sessanta e Settanta, arricchito da citazioni, ricostruzioni giudiziarie e intercettazioni. Nei collegamenti con la situazione attuale Gratteri e Nicaso evidenziano gli interessi della ‘ndrangheta in questo contesto economico: “L’attenzione si sposta ora sul Piano nazionale di ripresa e resilienza e sulla pioggia di miliardi che sono già arrivati nel nostro Paese. Per le mafie – hanno spiegato Gratteri e Nicaso – l’attuale crisi economica legata alla pandemia è come una muleta sventolata sotto gli occhi del toro”. Le cosche, grazie ai soldi a disposizione, “si garantiscono consenso sociale anche attraverso forme di assistenzialismo a privati e imprese in difficoltà. Molte attività imprenditoriali medio-piccole sono già finite nelle mani dei boss e dei loro prestanome. In alcuni casi – hanno sottolineato gli autori – non ci sono state modifiche all’assetto societario. Il proprietario dell’azienda rilevata è rimasto al proprio posto, ma senza avere più alcun potere decisionale”. “Le imprese in sofferenza in Italia, come nel resto del mondo – hanno denunciato il procuratore di Catanzaro e lo studioso – hanno bisogno di soldi e le mafie sono pronte a invadere ogni spazio lasciato vuoto nell’economia legale”. Secondo le stime di Europol, si riesce a confiscare meno dell’1 per cento dei beni illegalmente conseguiti, stimati attorno ai 110 miliardi di euro. Le aree prese in esame, con un capitolo dedicato ad ognuna di queste regioni, sono quelle di Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige. Si tratta dei territori dove la presenza delle cosche calabresi è stata già accertata dalle indagini, ma lo sguardo è già rivolto anche a Toscana e Friuli Venezia Giulia.
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