Non più auto ma flessibilità. E soprattutto tempo. Tempo libero da dedicare agli hobby, l’ozio, la famiglia ma ogni caso ormai una variabile di scambio sul mercato del lavoro. È così che le aziende reagiscono alle grandi dimissioni e al fenomeno della Yolo economy. Almeno secondo L’Osservatorio sul Capitale Umano di Mercer, una ricerca annuale che raccoglie e monitora i dati di mercato completi sulla retribuzione e il welfare aziendale a livello mondiale. L’indagine di quest’anno ha visto la partecipazione a livello mondiale di oltre 35.000 aziende in 140 Paesi, totalizzando più di 15 milioni di osservazioni. In Italia sono state analizzate 573 aziende. Cosa emerge? A livello dei cosiddetti “Short Term Incentives”, i premi cioè riconosciuti annualmente ai lavoratori in base alle performance, se da una parte il top management è sempre più sfidato su obiettivi competitivi e viene premiato di più in caso di prestazioni eccezionali, dall’altra il MBO (Management by Objectives) viene esteso ormai anche a quadri e impiegati. Un fenomeno che nasce probabilmente dal post pandemia e dalla volontà/necessità di trattenere e attrarre figure professionali il cui mercato del lavoro è molto dinamico. A livello di premi riconosciuti sul lungo termine (Long Term Incentives) cresce la percentuale di aziende che offre sistemi incentivanti di lungo periodo (oggi il 54% rispetto al 40% nel 2018), con una diffusione più ampia anche tra dirigenti e quadri che ricoprono figure chiave nell’azienda.
In termini di retribuzione fissa, a fronte di una politica di merito meno generosa e più selettiva rispetto al 2020 che ha prodotto una variazione minima dei salari del 1,3% rispetto al 2020, è emerso che le aziende si sono focalizzate maggiormente sulle categorie più basse (quadri e impiegati) mentre registriamo una battuta d’arresto peri i fissi dei dirigenti la cui retribuzione è cresciuta rispetto al 2020 di meno del 1%. In sintesi: maggiore attenzione alle fasce medio-basse in termini di fisso e maggior enfasi sulla retribuzione at risk (variabile) legata alla performance. Ripensate anche le forme di remunerazione: oltre 1/3 del campione prevede sistemi di benefits flessibili e un altro 10% prevede di offrirli nel 2022. Ma quali? Sempre maggiore il focus su pensione, supporto alla persona e alla famiglia (scuola, training, sport/divertimento, trasporti e assistenza medica..). Ma c’è un decisivo aumento della percentuale di aziende che offre giorni di ferie aggiuntivi da dedicare al tempo libero o impegni familiari.
Nel 2018 erano appena l’8% le aziende che offrivano giorni di ferie aggiuntive, percentuali salita ormai al 17%. A ciò si aggiunge che circa il 20% delle aziende contribuisce in buona parte alle spese per la scuola materna e per i campi estivi oppure prevede un asilo aziendale interno, Il 15% offre borse di studio ai figli dei dipendenti, mentre il 40% delle aziende paga corsi di formazione e di studi ai propri dipendenti, sostenendo la quasi totalità del costo. In parallelo sono sempre maggiori le aziende che rivolgono lo sguardo verso l’equità retributiva tra uomini e donne: il gender pay gap calcolato a parità di responsabilità si è parzialmente ridotto del 3,2% rispetto al 2018, ma risulta stabile rispetto al 2020, una prova del permanere di elementi di criticità all’interno delle aziende, sia nell’identificazione del gap salariale che nell’attuazione di misure di aggiustamento che riportino a una situazione di parità, soprattutto sulle fasce più alte della popolazione aziendale, dove permane un distacco significativo.
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