Un italiano, in media, accede a contenuti video e audio “pirata” almeno una volta alla settimana. Ed è un dato positivo. Perchè significa che tra il 2017 e il 2020 l’accesso complessivo ai contenuti piratati, in Italia, si è dimezzato: nel 2017 l’accesso mensile a siti illegali, per utente, nel nostro Paese, superava le 10 volte (2,5 volte a settimana), mentre nel 2020 si è attestata a 5,5 volte al mese (poco più di una volta a settimana). Un dato in linea con il trend in Europa, dove la pirateria digitale – misurata sempre in base al numero medio di accessi mensili per utente di Internet ai siti web che violano i diritti d’autore – è diminuita del 34% nel 2020 rispetto al 2019. Lo certifica l’Euipo (l’Agenzia Ue per la tutela della proprietà intellettuale) nel report di questa mattina sulla «Violazione del diritto d’autore online nell’Unione europea» tra il 2017 e il 2020. La diminuzione riguarda tutti i tipi di contenuti in Europa. La pirateria cinematografica è diminuita del 51%, quella musicale del 41% e quella di contenuti televisivi del 27 per cento. Tra tutti – complici, ammettono i funzionari europei, le ore passate a casa in lockdown – i contenuti televisivi sono stati la tipologia piratata più frequentemente nel 2020, con il 70% degli accessi a siti web che violano la proprietà intellettuale, seguita dai film (20%) e dalla musica (10 per cento). «Il trend è in discesa già da diversi anni – ha spiegato Enzo Mazza, ceo di Fimi (Federazione dell’Industria musicale italiana) – e questi dati non ci sorprendono. Molto si deve all’aumento, in questi ultimi anni, di un’offerta legale ampia e accessibile, anche economicamente. In più, c’è un aspetto culturale che rileviamo. I più giovani sono meno avvezzi ad accedere a prodotti pirata perchè sono cresciuti con una grande disponibilità di piattaforme legali per lo streaming musicale. Le fonti di ricavo si sono estese oltre le vendite e lo stream dalle piattaforme in abbonamento. Nel 2020 i ricavi da contenuti musicali su piattaforme social sono cresciuti più del 31% e in generale, la quota dell’audio streaming sostenuto dalla pubblicità genera in Italia più ricavi di tutto il segmento fisico. Solo tre anni fa queste monetizzazioni dai social media non esistevano». Infine, ha concluso Mazza, anche «l’opera di prevenzione e repressione che tramite il regolamento Agcom consente di bloccare i siti pirata, ha dato i suoi frutti». Il mercato totale della musica registrata – secondo le ultime rilevazioni di Fimi – è cresciuto del 34%, con una nuova impennata negli abbonamenti ai servizi streaming, saliti del 41 per cento. Anche i ricavi dal video streaming hanno visto un forte incremento con un 49 % di crescita. Nel segmento fisico nuovo boom del vinile, con un più 189% nei primi sei mesi dell’anno.
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