L’importanza del patrimonio culturale, compreso quello privato, per l’economia e la futura crescita economica; la necessità di cooperazione tra diversi gruppi per far funzionare il Pnrr, compreso il settore privato, la richiesta rivolta alle istituzioni nel tenere in considerazione il settore privato per la valorizzazione e la conservazione del patrimonio culturale italiano. E’ quanto emerso dall’evento di apertura della Luiss Cultural Heritage Initiative. “Il Pnrr – sottolinea Luciano Monti, Docente Luiss di Politiche Eu e Coordinatore Fondazione Bruno Visentini – presenta almeno quattro opportunità che possono trasformarsi anche in criticità: la prima è la dimensione economica straordinaria del nostro piano ma che presenta un possibile shock di offerta e una sorta di ingorgo presso la Pa chiamata a gestire moltissimi progetti. La seconda opportunità è l’impostazione nuova del Piano che è più legata all’impatto dei risultati e non tanto la spesa. Anche questa rischia di essere un fattore di resistenza a causa della mancata cultura in Italia di questo tipo di valutazione. La terza grande opportunità è sicuramente la trasversalità. Ma è anche una criticità essendo molto complesso monitorare l’effettiva applicazione di questi principi trasversali. Infine, la programmazione unica è una grande opportunità, la possibilità di contare sia sulle risorse del Pnrr che sulle risorse dei programmi operativi regionali. Anche qui il rischio è una sovrapposizione o una sorta di competizione”. Il Pnrr mette i campo oltre 6,6 miliardi di euro per la valorizzazione del patrimonio storico. All’interno di questo c’è il piano borghi – attrattività dei piccoli centri abitati e 300 milioni sono per parchi e giardini storici. Il 29% delle risorse per l’occupazione e la formazione. “La grande questione per l’Italia – afferma Mark Thatcher, Docente Luiss di Public Policy – è come queste risorse saranno utilizzate. Utilizzarle vuol dire cooperazione fra diversi gruppi pubblici e privati ma anche entità a diversi livelli, territoriale, nazionale regionale, locale e anche coinvolgere il settore associativo”. “La questione è come aiutare i diversi gruppi per mettere in capo progetti concreti, perché il Pnrr richiede progetti concreti che daranno risultati in futuro. Per l’Italia questa è un’opportunità unica, non deve sbagliare, deve investire bene per creare nuove opportunità per il Paese”. L’Associazione dimore storiche italiane rappresenta oltre 4.500 soci in tutta Italia, per oltre 37mila immobili privati. Molti di questi beni sono anche Patrimonio Unesco. Nel complesso il 17% del patrimonio culturale italiano è di proprietà privata. “Investire in questo patrimonio – sottolinea Giacomo di Thiene Presidente ADSI – significa investire nello sviluppo sostenibile del Paese, uno sviluppo a lungo termine, e sono in grado di dare lavoro alle prossime generazione e contribuire a ridurre disoccupazione giovanile oppure invertire la tendenza alla chiusura delle piccole imprese artigiane. È necessario che lo stato e le istituzioni utilizzino la capacità e la velocità di investimento dei privati per stimolare tutto il settore. I proprietari privati di immobili storici dovrebbero essere visti come piccole imprese culturali in grado di creare occupazione e lavoro”.
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