Sono un centinaio i rider ammessi come parti civili, per gli eventuali risarcimenti danni, nel processo milanese a carico della manager di Uber (sospesa) Gloria Bresciani accusata di caporalato a seguito dell’inchiesta del pm Paolo Storari che aveva portato pure al commissariamento, il 29 maggio del 2020, della filiale italiana di Uber. Amministrazione giudiziaria revocata lo scorso marzo dai giudici della Sezione misure di prevenzione dopo il riconoscimento del percorso “virtuoso” intrapreso dalla società. Oggi nella seconda udienza del dibattimento, dopo che in fase di udienza preliminare e poi all’inizio del processo in corso avevano chiesto di entrare in totale oltre 60 rider, si sono presentati come parti civili altri 35 fattorini, che fanno le consegne di cibo a domicilio. E, rappresentati da una serie di legali tra cui l’avvocato Giulia Druetta, sono stati tutti ammessi dal giudice della nona penale Mariolina Panasiti. Una ventina erano anche presenti in aula stamani, mentre all’esterno del Palazzo di Giustizia di Milano si è svolto un presidio con una cinquantina di lavoratori. Come emerso dall’inchiesta del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf milanese, i rider venivano “pagati a cottimo 3 euro”, “derubati” delle mance e “puniti” con decurtazione dei compensi se non stavano alle regole. Prossima udienza del dibattimento il 25 febbraio. Il 15 ottobre nel processo abbreviato il gup Teresa De Pascale, oltre a condannare Giuseppe Moltini, uno dei responsabili delle società di intermediazione coinvolte nell’inchiesta, aveva anche deciso di convertire il sequestro di circa 500mila euro in contanti in un risarcimento da 10mila euro a testa per i 44 fattorini parti civili e da 20mila euro per la Cgil, altra parte civile.
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