Nel 2020, il tasso di occupazione della popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni ha registrato una riduzione di 0,8 punti, attestandosi al 65,6% a causa dell’impatto della pandemia Covid-19. E’ quanto rileva un rapporto Istat intitolato ” Ritorni occupazionali dell’istruzione. Anno 2020″. La riduzione è più marcata per chi ha un basso livello di istruzione: il tasso di occupazione è sceso infatti di 1,1 punti per la popolazione con al massimo un titolo secondario inferiore e di 0,9 punti tra chi ha raggiunto il diploma e di 0,6 punti tra i laureati. Nonostante il “premio” occupazionale dovuto all’istruzione, inteso come una maggiore probabilità di trovare un lavoro con un’istruzione superiore, il tasso di occupazione in Italia resta inferiore alla media europea anche tra i laureati (80,8% tra i 25 e i 64 anni contro 85,5% dell’Ue27) e tra i diplomati (70,5% contro 75,7%). Ma il divario con l’Europa nei tassi di occupazione si amplia tra le giovani generazioni – per tutti i livelli di istruzione – e diventa massimo per chi è appena uscito dal percorso formativo e si trova nella fase di primo ingresso nel mercato del lavoro. Il tasso di occupazione degli under 25 che abbandonano precocemente gli studi è pari al 33,2%, che sale di poco al 49,3% per chi abbandona dopo il diploma. Si fatica a trovare lavoro anche nei primi anni dopo la laurea con un tasso di occupazione dei 30-34enni del 78,3% (86,5% media Ue27). La scarsa occupabilità dei giovani va a ingrossare le fila dei Neet, coloro che non studiano e non lavorano, che si attestano al 23,3% nella classe 15-29 anni. Il 62,5% non ha alcuna esperienza di lavoro. E così l’Italia si conferma il paese europeo con la più alta quota di Neet, al di sopra di quelli registrati in Spagna (17,3%), Francia (14,0%) e Germania (8,6%).