Il 20 dicembre scorso il Ministero della Cultura ha dato finalmente avvio alla fase attuativa del PNRR Cultura che prevede nove linee di intervento (macrovoci di investimento) e una riforma per un totale di risorse da investire, entro il 2026, di 4,28 miliardi di euro, pari all’1,82% delle risorse totali del PNRR di 235,12 miliardi di euro (compresi fondi europei e nazionali).
Dopo un lungo lavoro preparatorio, è stato pubblicato l’avviso dell’intervento 2.1 Attrattività dei borghi, un investimento di 1,020 miliardi, pari al 24% del totale del PNRR Cultura, che ne fa l’investimento più importante di tutto il comparto. Come già scritto in precedenza da Arteconomy24, l’intervento sarà gestito dal Servizio V del Segretariato Generale, la struttura sotto la direzione di Salvatore Nastasi che si avvale del supporto di Cassa Depositi e Prestiti, il colosso finanziario pubblico, per la trasmissione e gestione, via informatica, delle domande da parte dei comuni per la linea B dell’intervento in questione.
Il piano di rilancio dei borghi si suddivide in due parti, denominate in freddo burocratese, linea A e linea B. La differenza tra le due sottomisure è sostanziale sia per l’ammontare delle risorse assegnate, sia per la modalità di selezione dei progetti di valorizzazione dei borghi. Alle risorse assegnate si aggiungono ulteriori 20 milioni del bando il Turismo delle radici, gestito dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Come dichiarato da Angelantonio Orlando, il responsabile dell’Unità di Missione per l’attuazione del PNRR del MiC, “I borghi prescelti dalle regioni, in accordo con i comuni, dovranno essere soggetti al fenomeno dello spopolamento e una componente residenziale ben identificata di massimo 300 unità abitative. In questo caso non è previsto un numero di residenti preciso”. Dunque, la linea A del bando Borghi si prefigura come un esperimento sociale e, secondo quanto previsto nelle linee di indirizzo dettate dal MiC, è previsto che “I progetti dovranno includere l’insediamento di nuove funzioni, infrastrutture e servizi nel campo della cultura, del turismo, del sociale o della ricerca, come scuole o accademia di arti e dei mestieri della cultura, alberghi diffusi, residenze d’artista, centri di ricerca e campus universitari, residenze sanitarie assistenziali (RSA) dove sviluppare anche programmi a matrice culturale, residenze per famiglie con lavoratori in smart working e nomadi digitali”.