di Giovanni Gioioso
Così come per tutto il territorio italiano anche per il comparto sanitario il 2022 non si apre nel migliore dei modi. Secondo i dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità nel mese di dicembre 2021 gli operatori sanitari contagiati sono aumentati del 210% e di questi l’82% sono infermieri. Nello specifico il 2 dicembre 2021 erano 4.142 gli operatori sanitari contagiati, mentre dopo 30 giorni sono balzati a 12.870, triplicando di fatto i contagi. Degli 8.728 nuovi contagi in più circa 7.160 sono infermieri, numero che fa raggiungere quota 135mila infermieri contagiati da inizio pandemia. Un balzo che però si è riuscito a tenere parzialmente a freno grazie all’avanzamento della campagna vaccinale, comprese le dosi booster: a giugno 2020, con la prima fase della pandemia calante, ma senza vaccini, il rapporto operatori sanitari contagiati-popolazione contagiata era quasi del 13%, mentre inizio 2022, con la diffusione esponenziale della variante Omicron, la percentuale è dell’1,3% circa. Un dato in controtendenza rispetto ad un valore medio del 3% relativo a dicembre 2020 e dell’1,6% relativo a dicembre 2021. Ciò è stato possibile grazie alla diffusione pressoché totale della dose booster tra gli operatori a contatto con gli assistiti, con casi di gravità minore per loro e stop dei decessi. Tra le principali sigle che hanno lanciato l’allarme spicca Fnopi, Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche, che denuncia una grave carenza di professionisti della sanità aggravata ancora di più dall’impennata di contagi. Una situazione che rischia di compromettere seriamente l’assistenza dei pazienti all’interno delle strutture di ricovero e a domicilio. «La prima cosa da fare è assicurarsi che tutti siano vaccinati, – commenta la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) – anche perché l’evidenza mostra che i casi più gravi nelle terapie intensive, sono quasi tutti non vaccinati. Ma non basta. Tutti devono capire che vanno mantenute le misure di sicurezza che rallentano la diffusione del virus». Secondo l’ente pubblico che raccoglie tutti gli ordini professionali degli infermieri non basta aver applaudito e premiato con bellissime parole la categoria, ma è necessario rendere l’assistenza più forte, sicura e di qualità. Sarebbero tre sono i passi a breve, medio e lungo termine, da effettuare: «Eliminare lacci e lacciuoli della burocrazia per far fronte alla carenza di personale. Cavilli burocratici che non consentono di mettere a disposizione dell’assistenza almeno 600mila ore a settimana in più di assistenza infermieristica». Il secondo punto riguarda «la necessaria formazione di più operatori, soprattutto specializzati prevedendo una formazione con sbocchi anche clinici determinati dalle esigenze delle persone, per garantire la qualità dell’assistenza: infermiere di famiglia e comunità, infermiere scolastico, infermiere per la non autosufficienza, per le cure palliative, per l’assistenza agli anziani, per i cronici che ne hanno bisogno per la loro vita di tutti i giorni e così via». E dulcis in fundo la questione legata all’indennità di specificità infermieristica, già finanziata nella legge di Bilancio 2021 ma la cui applicazione definitiva sembra ancora lontana. A metà dicembre anche Nursind, il maggior sindacato per le professioni infermieristiche, era intervenuto sulla vicenda lanciando un appello al ministro Brunetta. Appello che per ora sembra essere caduto nel vuoto.