Una significativa riduzione della mortalità e delle emissioni dal 2012 in poi, cioè dopo l’Autorizzazione integrata ambientale successiva al sequestro giudiziario degli impianti siderurgici. Questo dicono gli scenari del rapporto che, su commissione e finanziamento della Regione Puglia, ha presentato l’Oms il 21 gennaio con riferimento all’ex Ilva di Taranto, ora Acciaierie d’Italia, e al suo impatto sanitario. I tre scenari sono legati all’implementazione delle misure richieste nell’ambito dell’Aia 2012. Per l’Oms, «l’impatto degli impanti ex-Ilva è stato considerevole, ma non ancora del tutto caratterizzato. Mentre le emissioni dirette nell’aria sono relativamente ben monitorate, si sa meno di altre vie di esposizione che coinvolgono matrici diverse come il suolo o l’acqua». E ancora: «Le emissioni nell’aria dell’impianto ex-Ilva, se tradotte in concentrazioni di PM, sono causa di eccessi di mortalità e altri impatti negativi sulla salute, con relativi costi economici». E soprattutto «le stime di questo rapporto sono pienamente in linea con le valutazioni precedenti, effettuate dalle autorità regionali e da altri ricercatori». L’Oms ha quantificato il danno economico dovuto alla mortalità prematura per l’area metropolitana di Taranto. È pari ad almeno 85 milioni di euro l’anno per la situazione pre-Aia 2010, passerebbe – ragionando sempre di scenari – a 53 milioni di euro per lo scenario produttivo intermedio dell’Aia 2012 e rimarrebbe comunque a 15 milioni di euro l’anno se fossero applicate le prescrizioni post-Aia 2015. Lo studio è costruito sulla base della Valutazione del danno sanitario (Vds) condotta da Arpa Puglia, Aress Puglia e Asl Taranto (versione 2018), il progetto “Sentieri” del ministero della Salute e coordinato dall’Istituto superiore di sanità e il Piano strategico di sviluppo e valorizzazione dell’area di Taranto della Regione Puglia.
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