«Con regolare continuità il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, occupa la scena mediatica grazie a dichiarazioni sopra le righe: i lavoratori pubblici da volti della Repubblica tornano a essere i vituperati fannulloni. Questo il senso di un’intervista rilasciata dal ministro a un’emittente televisiva. Ancora una volta l’imputato è il lavoro da remoto grazie al quale, secondo Brunetta, gli impiegati dello Stato stanno a casa a fare finta di fare lo smart working col telefonino poggiato sulla bottiglia del latte», lo sostiene Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione. «Il ministro – prosegue – ha la memoria corta: è stato proprio col lavoro agile dei dipendenti pubblici che l’Italia ha potuto affrontare la pandemia e tenere in piedi il Paese in un frangente di portata epocale. Ma tutto questo sembra appartenere al passato e dimenticato molto in fretta. E sia. Ma se le cose non vanno per il verso giusto il ministro dovrebbe interrogarsi sul suo operato. Possibile che la croce venga gettata addosso ai soliti noti? Brunetta è in carica da un anno. Cosa ha fatto per risolvere i problemi reali della Pubblica Amministrazione? Ci piacerebbe saperlo. Perché, a parte roboanti dichiarazioni, nel concreto operare degli uffici pubblici ben poco è cambiato. Per esempio, non è cambiato il digital divide che taglia in due l’Italia. In tanti uffici non ci sono ancora postazioni e connessioni internet al passo con l’evoluzione tecnologica. In altri gli spazi sono angusti e inadatti a ospitare il personale se non rischiando il contagio. La politica per l’informatizzazione della Pubblica Amministrazione è un ginepraio impenetrabile. Allo stesso tempo – ricorda Colombi – i lavoratori pubblici in smart working lavorano spesso in ambienti inadatti a trasformarsi in uffici, ben oltre l’orario previsto, continuando a utilizzare i propri dispositivi digitali e a vedere aumentate le bollette per le utenze domestiche (luce, gas ecc.). Ci fermiamo qui per carità di patria. Di tutto questo nella sua intervista il ministro non parla. Sbandiera invece l’aumento del Pil, mentre abbiamo centinaia di migliaia di disoccupati in più, i nuovi posti di lavoro sono nella quasi totalità a termine (compresi i prossimi assunti nella Pubblica Amministrazione), il costo della vita – conclude il sindacalista – ha subito una paurosa impennata e la povertà cresce a dismisura. Un disagio sociale che sale ogni giorno che passa. Esca dal palazzo Signor ministro e se ne renderà conto. Oppure rassegni le dimissioni. Ma prima beva un bel bicchiere di latte».
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