La crisi non ferma la crescita delle imprese ‘rosa’, ma il tetto di cristallo rimane intatto. Lo sottolinea un’indagine della Cna che spiega:”L’imprenditoria femminile è una realtà di grande valore per l’economia nazionale. Secondo i dati Unioncamere, oltre un quarto dei ruoli imprenditoriali italiani sono coperti da donne: per la precisione, 2,8 milioni in termini assoluti equivalenti al 26,8% del complesso di titolari, amministratori e soci d’impresa del nostro Paese”. “Nel 69,7% dei casi le donne non svolgono una funzione ausiliaria ma sono responsabili in prima persona dello sviluppo del progetto imprenditoriale in qualità di titolari (29,2%) e/o di amministratrici (40,5%). Considerato che il numero delle imprese registrate alle Camere di commercio è pari a circa sei milioni ne deriva che le donne operano mediamente in una impresa su due e che rivestono ruoli apicali di titolare e/o di amministratore quasi in un’impresa su tre”, aggiunge la Cna. Ma quali sono i settori dove operano principalmente le donne imprenditrici? A prevalere nettamente sono i servizi. E in particolare i servizi alla persona, un aggregato che comprende parrucchieri, centri estetici, tinto-lavanderie, nel quale il tasso di imprenditorialità femminile raggiunge il 52%. Dietro i servizi la presenza femminile è maggiormente rimarchevole nell’ordine in: turismo (35,9%), agricoltura (29,3%), commercio (27,2%) e, fanalino di coda, manifatturiero (16,9%). Non nell’intero comparto manifatturiero, però, il ruolo giocato dalle donne è residuale: la presenza femminile è sicuramente rilevante nell’abbigliamento (nel quale il 44,7% dei ruoli imprenditoriali è ricoperto da donne), nel tessile (32,6%) e nella pelletteria (30%). Beninteso, anche al di fuori della filiera dell’abbigliamento la presenza femminile si fa onore: è il caso del comparto alimentare (29,2%) e di gioielli e accessori (23,6%). Insomma, il Made in Italy si tinge di rosa proprio nelle sue produzioni universalmente riconosciute di alta qualità e di più incisiva attrazione nel mercato globale. Dai dati elaborati dalla Cna emergono quindi delle indicazioni precise. “In primo luogo, l’imprenditoria permette alle donne di raggiungere una piena realizzazione personale e di ricoprire ruoli di responsabilità, spesso difficilmente accessibili in altri ambiti lavorativi. Essa è un vero e proprio ascensore sociale in grado di consentire alle donne di esprimere al meglio il loro potenziale, conciliando il lavoro con la vita privata”, sottolinea la confederazione delle imprese artigiane. Le donne imprenditrici dimostrano, inoltre, di essere più inclusive nei confronti delle lavoratrici dipendenti che, specie nelle imprese più piccole, vedono riconosciuti merito, impegno e qualità alla pari dei colleghi maschi. “Ovviamente vi è ancora un trade-off tra la maggiore libertà, offerta dalla scelta di essere imprenditrici, e le minori tutele rispetto a quelle garantite dal lavoro dipendente. È per questo che il percorso che porta alla piena parità di genere, e alla completa partecipazione delle donne al mercato del lavoro, non può dirsi ancora completato”, spiega Cna. Per promuovere l’auto-imprenditorialità rosa sono necessari interventi ben calibrati: l’assegno unico universale per i figli a carico e le misure previste dal Pnrr sono un primo importante passo per l’eliminazione di qualsivoglia disparità di genere.
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