«Dobbiamo essere franchi e pragmatici: quanto si sta facendo, a tutti i livelli, per fronteggiare gli effetti del caro energia su famiglie e imprese è ancora troppo poco. Nessuno può illudersi che le misure contenute nel recente decreto del Governo siano risolutive della drammatica situazione in cui versano molte realtà produttive, anche sul territorio, che stanno ricevendo bollette energetiche astronomiche e che, in alcuni casi, hanno già avviato sospensioni temporanee delle produzioni e sono di fronte al concreto rischio della paralisi produttiva. Non si tratta solo delle imprese cosiddette energivore. Gli effetti dell’impennata dei costi di gas ed elettricità, insieme alle difficoltà nel reperire le materie prime, si ripercuotono a cascata su tutti i settori: penso ai casi di alcune lavanderie industriali, delle aziende meccaniche ma anche dei trasporti e della logistica, a quelle che si occupano della gestione dei rifiuti ma anchedella filiera del turismo, o ancora dell’industria delle costruzioni. Per comprendere, a esempio, l’incidenza del fenomeno sulle imprese di quest’ultimo settore, basti considerare che i costi di carburante ed energia attualmente non rientrano nel paniere di rilevamento degli scostamenti annuali dei prezzi: ne deriva che i prezzari di riferimento per gli appalti delle opere pubbliche sono del tutto fuori mercato. Il che desta forti e legittime preoccupazioni anche in merito alla realizzazione degli investimenti del Pnrr. I provvedimenti adottati dal Governo, per quanto utili rispetto ad alcuni effetti della crisi, hanno una portata limitata e non affrontano la natura strutturale del problema. La rateizzazione delle bollette di maggio e giugno è una soluzione debole, che non incide sul vero nodo e cioè l’abbattimento del prezzo dell’energia e mette le imprese in condizioni di ulteriore indebitamento, allontanando qualsiasi prospettiva di nuovi investimenti. Anche il taglio di qualche centesimo al costo del carburante per litro è di portata minima rispetto allo straordinario aumento registrato in poche settimane. Ancora una volta si è scelto di non affrontare la questione con un taglio strutturale alle accise che non hanno alcuna ragion d’essere e che, insieme all’Iva, in Italia sono pari al 123% del costo industriale del carburante. Avevamo auspicato che l’incontrollabile ascesa dei prezzi avesse almeno il risvolto positivo di indurre a un ripensamento, in chiave virtuosa, dei meccanismi che alterano le dinamiche dei costi energetici, ma anche questa volta le decisioni che richiedono maggior coraggio sono state rinviate.
Il nostro sistema si è fatto portatore di alcune proposte. Tra queste, l’individuazione di un tetto nazionale al prezzo del gas sulla base di un’operazione trasparenza sui contratti di approvvigionamento in essere e sul loro prezzo reale rispetto a quello che si determina ogni giorno sul mercato spot, su cui si riflettono oggi anche gli effetti del conflitto russo ucraino. Un’iniziativa che potrebbe essere concertata a livello più ampio comunitario per un prezzo regolato comune del gas. Personalmente ho sollecitato la sospensione, per un periodo congruo, dell’applicazione dei meccanismi ETS, sistema di scambio delle emissioni di CO2 relativi all’acquisto da parte delle imprese a titolo oneroso delle quote di anidride carbonica emessa, che ha subito una significativa evoluzione speculativa con l’entrata in gioco di molti attori finanziari. Ma soprattuttoè necessario, in una prospettiva più ampia, puntare su una revisione del mix di approvvigionamento energetico del nostro Paese per affrancarlo da una eccessiva dipendenza dal gas russoe arrivare a un forte aumento dell’estrazione delle riserve nazionali. Anche rispetto allo sviluppo dell’energia “pulita” è necessaria una maggiore determinazione per sbloccare la burocrazia che rappresenta un grosso freno ai piani di investimento. A tal proposito, va segnalato che a nostro avviso la bozza relativa al nuovo decreto del Ministero della Transizione Ecologica volto a incentivare le rinnovabili non coglie pienamente nel segno. In particolare, preoccupano l’eccesiva burocratizzazione della proceduraper la tariffa incentivante che non viene più accordata con formula semplificata ma attraverso procedura pubblica competitiva, la riduzione del valore dell’incentivo già basso rispetto al valore degli investimenti e la poca coerenza con gli obiettivi del Piano nazionale di transizione ecologica. Va poi rilevato un limite di sostanza nelle attuali previsioni del decreto che non considerano adeguatamente che la produzione energetica da biomasse legnose può avvenire in modo alternativo alla combustione a fiamma libera e cioè con il ricorso a processi termochimici quali la pirogassificazione. Se gli ambiti di intervento sopra delineati hanno un respiro soprattutto nazionale e internazionale, abbiamo importanti partite aperte anche sul territorio, da giocare oggi e non tra qualche mese. Bisogna dare celermente seguito agli impegni sanciti dall’accordo con Eni e Shell ad aprile 2021 e a quelli con Total relativi alla fornitura gratuita di circa 200 milioni di metri cubi di gas all’anno alla Regione Basilicata: risorse che potrebbero rappresentare un aiuto straordinario per le famiglie lucane in questo determinato momento storico. Esattamente secondo quanto previsto dal testo di quell’accordo,è necessario procedere alla definizione delle modalità operative per fruire della fornitura gratuita di gas o della sua monetizzazione. Non possiamo perdere altro tempo rispetto a interventi che già in questi mesi avrebbero potuto attenuare i sacrifici che le famiglie lucane stanno sostenendo. Questo, come effetto indiretto, consentirebbe alla Regione di indirizzare maggiori sforzi verso gli investimenti produttivi,tesi, a esempio,a estendere gli interventi di efficientamento energetico anche alle imprese,in modo da assicurare almeno una parte dell’approvvigionamento diretto. Alla luce delle nuove consapevolezze che la crisi del gas ci ha fatto guadagnare, è necessario accelerare anche sulle scelte da assumere rispetto all’aumento della produzione energetica lucana –sia che si tratti di fonti tradizionali,sia di fonti rinnovabili – tenendo conto delle inderogabili priorità di tutela della salute, dell’ambiente e del paesaggio. Decisioni urgenti, che non possono conoscere più rinvii, come impietosamente ci racconta la cronaca quotidiana». Così Somma, presidente di Confindustria Basilicata.
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