Si sono chiusi ieri, 31 marzo, i termini per le candidature degli Enti locali, per ottenere i fondi Pnrr destinati a mense, palestre, asili e scuole dell’infanzia e per ospitare una delle 195 scuole nuove previste dal Piano. Per i soli nidi, le richieste pervenute erano state inferiori al budget disponibile, pertanto l’avviso era stato prorogato fino al 31 marzo.
Ma già dalle candidature presentate era emerso forte il rischio di una pesante penalizzazione per il Mezzogiorno, che – il rischio purtroppo non è affatto remoto – nei prossimi giorni potrebbe sostanziarsi a pochissime ore da quella “Prima relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente”, con cui il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva – il 9 marzo scorso – evidenziato che ben 9 enti (7 ministeri e due dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri) si sono sin qui tenuti ben al di sotto del vincolo nei rispettivi bandi. Due ministeri (quello per lo Sviluppo Economico e quello per il Turismo), manco per poco: lo “scarto” rispetto al vincolo – ovviamente in difetto – è stato addirittura, rispettivamente, di 16 e 12 punti percentuali.
Per il bando destinato agli Asili nido l’esame delle domande pervenute prima della proroga, già palesava questo rischio in maniera fin troppo evidente. Basti pensare che per la costruzione delle nuove scuole il finanziamento previsto dal Piano è di 800 milioni. Le domande pervenute alla originaria scadenza dell’avviso (poi prorogata) sono state, per le scuole dell’infanzia e poli dell’infanzia 1.223. Le regioni che hanno inoltrato più domande sono state Lombardia (163), Emilia-Romagna (134), Campania (113), Toscana (108), Piemonte (92). Per un totale di circa 1,2 miliardi: la metà dei 2,4 miliardi messi a disposizione dal Pnrr (da qui la riapertura dei termini).
Se il bando si fosse però chiuso con la prima scadenza, è evidente che sarebbe stato estremamente difficoltoso rispettare il vincolo del 40%: eppure, il dato percentuale non ha affatto un valore simbolico. L’Unione Europea si è posta (ed ha imposto), come obiettivo del Next Generation EU, quello di garantire un posto al nido ad almeno il 33% dei bambini sotto i 3 anni (obiettivo espressamente richiamato anche tra le priorità del Pnrr): ed è il Mezzogiorno la parte del Paese a scontare il gap più rilevante: il vincolo del 40%, se rispettato, potrebbe anzi risultare addirittura insufficiente, imponendo risorse e investimenti aggiuntivi.
I divari territoriali infatti sono molto ampi: Nord-est e Centro Italia (dati Istat) sono sopra il target europeo (rispettivamente 34,5% e 35,3%); il Nord-ovest è poco sotto ma non lontano dall’obiettivo (31,4%) ma il Sud (14,5 %) e le Isole (15,7%), risultano ancora molto distanti dal target. Campania e Calabria sono addirittura sotto l’11%.
I dati dell’Osservatorio sulla povertà educativa della Fondazione “Con i Bambini” evidenziano come nelle regioni meridionali con meno nidi è più alta la quota di anticipatari alla scuola dell’infanzia, mentre gli anticipi sono più contenuti in molte delle regioni che presentano una maggiore offerta. Come a dire: si continua ad investire laddove minore è il bisogno, e non si investe dove la domanda è in crescita (e i servizi, pur in lieve aumento, del tutto insufficienti).
A ciò si aggiunge qualche gap intrinseco al bando: l’offerta dei servizi educativi per la prima infanzia in Italia – dati Fism – è garantita per circa il 50% da Enti del terzo settore e scuole paritarie (che sole rappresentano il 35% dell’offerta e sono presenti in 4mila comuni). Eppure le scuole paritarie – finanche nelle aree in così pesante arretratezza rispetto al target europeo – sono state tagliate fuori dal bando.
Si vedrà con quale esito, nell’auspicio che – lungi dal rimediare ai divari territoriali predetti – il bando non realizzi un’ennesima distrazione di risorse dai territori più deboli e fragili (parte del Pnrr è in prestito e andrà restituito da tutto il Paese, Mezzogiorno compreso) in favore di aree già in target, che rafforzerebbero in tal modo ulteriormente la propria offerta. Incrementando i divari, in barba alle finalità e agli obiettivi di Pnrr e Unione Europea. Con la beffa – che pure qualcuno ha denunciato relativamente ad altri bandi – che l’attribuzione di risorse attraverso i bandi del Pnrr non sia sostitutiva dei trasferimenti ordinari statali destinati a queste finalità.