I segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil, Eustachio Nicoletti, Giuseppe Bollettino e Bruno Di Cuia invitano i rappresentanti istituzionali e le parti sociali ad avviare una serie di iniziative per scongiurare l’individuazione del sito unico delle scorie radioattive sul territorio murgiano e lucano. «La consegna della proposta della CNAI ovvero della mappa aggiornata delle località che potrebbero ospitare il deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi e il relativo parco tecnologico da parte della SOGIN al Ministero della transizione ecologica, ha provocato a catena numerose prese di posizioni giornalistiche da parte della politica, degli amministratori, delle associazioni, della società civile che si sono affrettati giustamente a confermare il dissenso già precedentemente espresso ad allocare il sito nucleare sul proprio territorio», affermano i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil, Eustachio Nicoletti, Giuseppe Bollettino e Bruno Di Cuia in una nota . «Riteniamo però che, di fronte alla portata del problema e alle ricadute negative che si determinerebbero sulla vita sociale ed economica del territorio appulo – lucano e metapontino, limitarsi esclusivamente a manifestare mediaticamente il disaccordo sull’allocazione del sito unico nazionale, significa sottovalutare i fatti di Scanzano Jonico occorso 18 anni fa di cui è ancora vivo il ricordo delle 15 giornate di mobilitazione tanto che, il solo riecheggiare di tale possibilità, riaccende la stessa contrarietà di allora. Sarebbe invece opportuno – proseguono i sindacalisti – che le comunità interessate (Matera, Gravina in Puglia, Altamura, Laterza, Montescaglioso, Montalbano Jonico, Oppido Lucano) prendessero piena coscienza che, le motivazioni portate all’interno delle audizioni svoltesi in questo ultimo anno, non sono riuscite a convincere la SOGIN ad escludere il territorio murgiano e metapontino dalla lista CNAI. Quindi, l’esperienza storica avuta con la SOGIN, dovrebbe suggerire che, i comunicati stampa e le prese di posizioni teoriche, rischiano di servire esclusivamente per fare opinione mentre, al contrario, servirebbe un’azione risoluta, condivisa e coesa per sfatare concretamente l’allocazione del sito unico nucleare nei suddetti territori, prima che venga presa la decisione definitiva da parte del Governo.
Di fronte a tutto ciò scaturiscono naturalmente delle domande quali:
1. Possibile che alla POLITICA, un problema così rilevante e invasivo in grado di annullare e depauperare le vocazioni economiche instauratesi nell’ultimo ventennio nel territorio appulo – lucano (turismo, cultura, archeologia, ecc.) e nel metapontino (turismo e agricoltura), non suscita la necessità di creare delle alleanze delle comunità interessate per costruire azioni concretein grado di opporsi con maggiore forza e preventivamente alleeventuali decisioni che dovrà prendere il Governo ?
2. Possibile che i Sindaci dei Comuni interessati non riescano a trovare concordanze e azioni condivise aperte al contributo dei Parlamentari, degli Amministratori, dei Partiti, delle Associazioni Sindacali, Datoriali e di Categorie, delle Associazioni Culturali, del Volontariato, in grado di mandare un messaggio univoco e forte alle istituzioni che hanno in capo la decisione ?
L’azione congiunta e condivisa dei Sindaci dei comuni interessati provocherebbe un effetto a catena di determinazioni concrete che arriverebbero al Governo.
A titolo esemplificativo le iniziative che potrebbero essere realizzate sono le seguenti:
• Consigli comunaliaperti e congiunti dei Comuni;
• Consigli provinciali aperti e congiunti delle Amministrazioni provinciali;
• interpellanze parlamentari da parte dei rappresentanti territoriali;
• mobilitazione delle parti sociali sotto le Prefetture;
Per quanto riguarda la Regione Basilicata, anche se con ritardo, dovrebbe convocare il Tavolo della trasparenza istituito dopo i fatti di Scanzano Jonico nel 2003 per chiedere alla SOGIN tutte le azioni che intende adottare per prevenire la sua realizzazione a partire dalla messa in sicurezza e smantellamento dei rifiuti radioattivi presenti nel sito di Rotondella. Si tratta – ricordano Eustachio Nicoletti, Giuseppe Bollettino e Bruno Di Cuia – di circa 200 fusti con rifiuti di media radioattività che nel 1975 furono inglobati in malta cementizia rimasti interrati e, nel 2015, durante l’avvio delle operazioni di smantellamento, autorizzate da apposito Decreto Ministeriale, si è registrato un episodio di contaminazione delle acque di falda da sostanze cancerogene e potenzialmente tali. Infine, il territorio lucano, correlato a quello murgiano, debba manifestare con forza di non voler continuare a subire gli effetti relativi agli impatti ambientali del nucleare, delle estrazioni petrolifere, della chimica degli anni 50, dell’amianto che hanno comportato oneri molto pesanti anche in termini di morti, per essere esclusa aprioristicamente dalle ipotesi di ubicazioni di ulteriori rifiuti radioattivi. La persistente azione di depauperamento della Basilicata in nome del bene comune, metterebbe a repentaglio il potenziale dei settori economici ed occupazionali come l’agricoltura e il turismo facendo regredire ulteriormente la condizione di sviluppo della provincia di Matera e – concludono – di tutta la Regione Basilicata».
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