Impenna il prezzo de mattone, classico bene rifugio degli italiani. La fiammata dell’inflazione registrata negli ultimi mesi e il conflitto scoppiato in Ucraina hanno avuto effetti diretti sui tassi di interesse applicati sui mutui, rendendo più costoso per le famiglie chiedere oggi un finanziamento per l’acquisto di un immobile. A fare i calcoli è stato il Codacons, che ha messo a confronto i tassi praticati dalle banche nel periodo pre-conflitto e quelli in vigore oggi. A risentire delle preoccupazioni del mercato sono in particolare i tassi fissi – analizza il Codacons – Mentre l’Euribor, l’indice di riferimento dei mutui a tasso variabile, si è mantenuto sostanzialmente stabile negli ultimi 4 mesi (l’Euribor a 1 mese è fissato oggi a -0,54%, contro il -0,58% del 3 gennaio scorso), l’Eurirs, detto anche Irs, indice di riferimento dei mutui a tasso fisso, ha subito una vera e propria impennata passando ad esempio per i mutui a 20 anni dallo 0,60% di inizio gennaio agli attuali 1,69%. Chi accende oggi un mutuo a tasso fisso per l’acquisto della prima casa si ritrova così tassi finali più elevati in media del +0,50% rispetto a chi ha avviato un finanziamento a gennaio: una differenza che, tradotta in soldoni, sfiora i +9.000 euro complessivi di spesa finale sul mutuo. A gennaio 2022, infatti, il Tan (ossia il tasso di interesse puro che si applica ad un finanziamento) sui tassi fissi era in media dell’1,20%, mentre oggi viaggia sopra quota 1,70%. Sulla base di tali dati il Codacons ha realizzato delle proiezioni per capire come il rialzo dei tassi incida sulle tasche dei consumatori che intendono accendere un mutuo. Ipotizzando una richiesta di mutuo da 100.000 euro per l’acquisto di una prima casa e tre diverse durate del prestito (20, 25 e 30 anni), il rialzo dei tassi costa oggi fino a +24,5 euro su ogni singola rata mensile rispetto allo stesso finanziamento richiesto a gennaio. I più penalizzati sono coloro che accendono mutui a 30 anni – analizza ancora il Codacons – Il tasso finale più elevato su tale tipologia di finanziamento e la maggiore durata del mutuo incrementano il divario, portando oggi una famiglia che accende un mutuo a tasso fisso a 30 anni a spendere complessivamente circa 8.812 euro in più rispetto allo stesso prestito acceso a inizio gennaio 2022, solo per il costo maggiore delle rate e senza considerare le altre spese (perizie, spese di pratica, costi bancari).