Dall’esterno è solo l’ex carcere per i tossicodipendenti: una recinzione alta 10 metri circonda il grande muro di cinta verde all’interno del quale c’è la struttura vera e propria dove alloggiano le detenute. Ma dentro, l’Icam di Lauro è tutt’altra cosa. Innanzitutto, è il luogo dove vive la maggior parte delle madri che si trovano in carcere con i propri figli: ce ne sono 9 delle 15 che ancora sono dietro le sbarre, con 9 bambini, quattro femmine e cinque maschi. “Se noi consideriamo l’Icam dal punto di vista dell’istituto penitenziario, probabilmente non riconosciamo in questa struttura le caratteristiche tipiche di un carcere – sottolinea il direttore Paolo Pastena – ma se lo raffrontiamo ad una casa familiare, quella a cui noi siamo abituati, è chiaro che siamo molto distanti anche da questo modello. E’ una soluzione di compromesso”. Che la trentina di uomini e donne della polizia penitenziaria, gli psicologi, i medici, i volontari e gli educatori cercano di rendere quanto più possibile una casa accogliente. Sulle pareti delle due sezioni, l’Azzurra e l’Arancione, sono dipinti i personaggi delle favole: Mary Poppins, Biancaneve. Le stanze sono venti in tutto: 4 sono singole, un letto più la culla e il bagno, mentre le altre 16 sono in realtà veri e propri miniappartamenti. C’è la stanza da letto, una zona giorno con angolo cottura, un bagno. Durante il giorno le porte sono sempre aperte, si fa un ampio utilizzo della videosorveglianza, che però non è attiva all’interno delle stanze, e le detenute possono andare dove vogliono all’interno della struttura: c’è l’infermeria, la ludoteca, una grande cucina, la sala sociale per vedere la televisione, un grande cortile all’aperto con gli scivoli, il calcio balilla e i giochi per i bambini, un teatro. C’è anche una biblioteca con i computer dove durante il Covid i piccoli hanno potuto seguire le lezioni in Dad e dove ora, grazie all’impegno di cinque docenti che si alternano, sono le madri a seguire i corsi di alfabetizzazione. “Pensieri sparsi per immergersi nelle nostre emozioni” è la traccia sulla lavagna che le donne devono sviluppare su un cartellone. Ogni iniziativa, ogni attività è pensata per tutelare il bambino. Anche nei dettagli: i piccoli che vivono nell’Icam sono i primi ad esser presi e gli ultimi ad essere accompagnati dallo scuolabus. “Abbiamo chiesto e ottenuto massima collaborazione dal Comune e dal sindaco di Lauro – dice il sostituto commissario Felice Galeotalanza – Si tratta di una scelta fatta per garantire una forma di tutela e di privacy sul luogo di provenienza”. La giornata si divide tra le attività all’esterno per i bambini e quelle all’interno per le madri. Molte di loro lavorano nell’Istituto come cuoche, scopine o si occupano dell’orto. Poi ci sono i corsi di pasticceria e cucina, di decoupage, di cucito. Sforzi che riescono solo in parte a smussare le discussioni tra madri, le piccole invidie e gelosie come in ogni comunità, le difficoltà ad affrontare una realtà che resta comunque pesante: quella di donne, alcune con condanne anche pesanti e per reati gravi, che hanno davanti a sé ancora anni di carcere. E vedono i loro figli crescere dietro quelle sbarre che il personale fa di tutto per far dimenticare, almeno ai più piccoli.