“Spente le luci sulla conta dei voti, è il momento di un bilancio meditato sull’esito dell’assemblea dei soci che ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione delle Assicurazioni Generali. E la prima osservazione è che nella sua storia l’organo di governo della compagnia, da sempre espressione di consensi assai ampli, mai si era insediato in nome di una maggioranza tanto risicata, appena il 55% dei partecipanti all’assemblea, per di più a fronte di un voto di sfiducia che sfiora il 45%”. E’ quanto scrive in un editoriale per “Il Messaggero” Osvaldo De Paolini, sottolineando come si sia trattato di “un esordio non proprio sotto i migliori auspici, considerato che non appena cadranno i voti legati al più volte citato prestito-titoli di Mediobanca, il sostegno al cda guidato dall’amministratore delegato Philippe Donnet si ridurrà a poco più del 50%”. “E c’è un altro tema che deve fare riflettere – sottolinea il quotidiano romano – la provenienza dei voti e la loro distribuzione tra una lista e l’altra. Già ieri, dall’analisi del voto, è emersa una divisione netta, che vede da una parte il blocco compatto dei fondi internazionali schierati con Mediobanca (per una quota di capitale pari al 39%) e dall’altra una forte concentrazione dell’azionariato storico della compagnia (per una quota di capitale pari al 30%) che, votando la lista Caltagirone, ha dimostrato di condividere la scelta di discontinuità contenuta nel progetto strategico Awakening the Lion”. “Sicché, mentre da una parte abbiamo assistito a un compattamento del fronte finanziario, dall’altra si è avuta una straordinaria mobilitazione di risparmiatori che investono in proprio, famiglie industriali, fondazioni bancarie, casse previdenziali, grandi e piccoli cassettisti: insomma, categorie di azionisti che hanno scelto di puntare su Generali con un’ottica di lungo periodo, ben conoscendo le potenzialità del gruppo. E la caratteristica comune è che questi soci sono tutti italiani…. – conclude De Paolini – È perciò bene ribadire che oltre agli interessi di 190 mila azionisti (il 65% dei quali basati in Italia), al destino di quasi 75 mila dipendenti e alla tutela di 63 miliardi di euro di debito pubblico italiano custoditi nel suo portafoglio, in gioco c’è l’imprescindibile necessità di riportare Generali sul podio europeo, pena la sua progressiva irrilevanza nel panorama mondiale”.
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