«L’agricoltura italiana – spiega il responsabile del servizio statistiche e rilevazioni sull’agricoltura dell’Istat, Roberto Gismondi – nell’ultimo decennio ha recepito forti spinte innovative. La necessità di riorganizzare le filiere produttive per accrescere la produttività e mantenere le quote di mercato, l’introduzione di tecnologie sempre più avanzate per la gestione della produzione, la necessità di contenere l’impatto sull’ambiente sono alcuni dei fattori che hanno spinto le aziende italiane verso nuove frontiere, favorendo il processo di concentrazione imprenditoriale. Numerosi i casi di riorganizzazioni interne (fusioni, scorpori), avviate per migliorare l’efficienza aziendale e accrescere la produttività. Alla riorganizzazione produttiva si sono associati il ricambio generazionale e una tendenza del genere femminile ad assumere posizioni di leadership in azienda piuttosto che a contribuire nella forma di forza di lavoro generica, come in passato. Tutti elementi che configurano l’agricoltura italiana come un settore sempre meno “residuale” e sempre più orientato a un modello di gestione integrato, in cui l’azienda è il primo anello della catena produttiva che porta il prodotto fino al consumatore finale». «La crisi pandemica – ha aggiunto Gismondi – ha velocizzato alcuni processi di modernizzazione del mondo agricolo. La spinta verso la digitalizzazione e l’innovazione sta sempre di più caratterizzando gran parte delle aziende italiane, contribuendo anche a ridurre il gap Nord-Sud»
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