A Melendugno, in provincia di Lecce, erano stati gli ulivi a bloccare il gasdotto Tap, poi realizzato e oggi «benedetto» anche da chi lo contestava, vista l’attuale crisi energetica internazionale. Sulla linea ferroviaria Adriatica la tutela della nidificazione degli uccelli fratini ha, per decenni, rimandato l’avvio del raddoppio dei binari tra Termoli (Cb) e Lesina (Fg) che ora, dopo 21 anni, dovrebbe essere prossimo a partire, a metà luglio. Adesso, nuovamente in Puglia, è il «parco che non c’è» a bloccare un’altra grande opera, la parte Sud del più ampio progetto del Nodo ferroviario di Bari. Una infrastruttura prevista fin dal 2001, quando venne inserita nella Legge Obiettivo del governo Berlusconi, e approvata dal Cipe nel 2015. Un progetto, quello della zona Sud, che vale 406 milioni di cui più della metà — 205 — finanziati attraverso il Pnrr. L’impegno del Piano nazionale di ripresa e resilienza, però, dal 1° luglio è a rischio a causa dello stop ordinato dal Tar Puglia che mette in crisi i tempi di realizzazione dell’opera, avviata nel 2019 con la deviazione della Strada Statale 16 in modo da dar spazio ai nuovi binari per un tratto di 10 chilometri. Si tratta, in pratica, del primo grande progetto previsto dal Pnrr bloccato da giudici amministrativi. Nel dettaglio, il Tar Puglia (terza sezione, presidente Orazio Ciliberti) ha sospeso il progetto della nuova rete ferroviaria nella zona di Lama San Giorgio, a sud di Bari, accogliendo l’istanza cautelare del Comitato «Le Vedette della Lama», di privati cittadini le cui case sono collocate a sei metri dal fascio di binari previsto dal progetto, e del Comune di Noicattaro contro Regione Puglia, Città metropolitana di Bari, Soprintendenza, ministeri di Cultura, Infrastrutture e Transizione ecologica e Rfi. Motivo? I ricorrenti avevano evidenziato come il tracciato individuato per il passaggio dei binari ricadesse in una zona nel territorio del Comune di Noicattaro con alberi secolari (ulivi e carrubi, con qualche cespuglio di orchidee) e un insediamento archeologico, che però Regione Puglia e Soprintendenza non avevano giudicato degni di tutela.
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