di Daniela Marano
Il ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, e il ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano hanno lanciato la candidatura Unesco della cucina italiana alla Lista rappresentativa del patrimonio culturale Immateriale dell’Umanità. La Commissione nazionale, sotto la presidenza di Franco Bernabè, ha approvato all’unanimità la proposta che va ora all’esame del Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. Il dossier esplora nel dettaglio una lunghissima tradizione dalle mille facce. In essa si riflette «la biodiversità culturale del Paese», con il comune denominatore «di concepire il momento della preparazione e del consumo del pasto a tavola come occasione di condivisione e di confronto». Molto altro rispetto alla bontà dei cibi in sé. Ovunque, in Italia, cucinare è infatti «un modo di prendersi cura della famiglia e degli amici (quando si cucina in casa) o degli avventori (quando si cucina in spazi culturali come “trattorie” e “osteria”); esso è il frutto di un continuo gioco di connessioni e scambi che dalle precedenti generazioni arriva alle nuove. È una manifestazione di creatività sostenibile sia dal punto di vista ambientale (perchè basata sul non sprecare nulla e sul riutilizzo degli avanzi) che dal punto di vista economico (perchè basato su ingredienti poveri e di stagione) e sociale (perchè volta ad includere ogni diversità)». «È una decisione che valorizza quello che noi consideriamo un grande patrimonio nazionale, che riguarda moltissimi italiani. Non soltanto gli italiani che vivono in Italia, che sono 60 milioni, ma anche 70 milioni che vivono al di fuori del nostro Paese, e anche tutti gli stranieri che amano lo stile italiano e a quello si ispirano», ha commentato Sangiuliano. Cucina italiana significa, secondo il ministro, «promuovere l’idea di qualità della vita e del vivere italiano che è fatto di arte, di cultura, di paesaggi, di monumenti, ma anche di esperienze come quelle delle eccellenze alimentari». «Senza nulla togliere alle cucine messicana, francese, giapponese e coreana – dice Lollobrigida, ringraziando caldamente Sangiuliano per il supporto – io credo che quella italiana non abbia rivali e che sia stato forse un problema il fatto che finora non si sia avuta la forza e la capacità di promuoverne la complessità. Complessità fatta di un sistema di valori che proprio nella nostra nazione nel tempo si sono andati consolidando. Ma per quanto riguarda la cucina italiana – spiega – bisogna anche guardarla nella sua prospettiva poliedrica: dal produttore all’allevatore fino ad arrivare al trasformatore, colui che ci fornisce gli elementi che finiscono in cucina, e i nostri cuochi che trasformano in un bene prezioso che deve essere raccontato in sala dal personale, da formare in una delle nostre ottime scuole alberghiere. Deve essere raccontato ai cittadini italiani e agli acquirenti di benessere di tutto il mondo».