di Giovanni Gioioso
Nei primi otto mesi del 2023 le quantità di vini fermi e frizzanti italiani acquistati nei top 12 mercati internazionali (quelli che pesano per oltre il 60% sulle importazioni mondiali di vino) risultano in calo dell’8%. Stessa sorte tocca agli spumanti, la categoria che nell’ultimo decennio era invece cresciuta senza soluzione di continuità, che fanno segnare uno speculare -9%. Si tratta di variazioni in linea con la media del mercato, con un trend negativo che risparmia pochi Paesi esportatori e che vede anche il nostro primo mercato di sbocco a valore, gli Stati Uniti, ridurre le importazioni dall’Italia del 13%. “Nel mercato statunitense tutti i principali esportatori di vino soffrono a causa di una riduzione nella capacità media di spesa dei consumatori”, ha evidenziato Denis Pantini, responsabile Agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma, spiegando che “solo la Nuova Zelanda, con il suo Sauvignon Blanc, non sembra conoscere crisi, mettendo a segno una crescita delle esportazioni di oltre il 20% nei primi otto mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”. Non va meglio sul mercato nazionale. Le vendite di vino nel canale retail flettono, nel cumulato fino a settembre, di un calo superiore al -2% a volumi, con riduzioni più elevate in Gdo nel caso dei vini fermi (-3,8%). Crescono solamente gli acquisti di spumante (+2,3%). In questo scenario così complesso e incerto, sono soprattutto le piccole imprese vinicole a soffrire di più, anche a causa di una situazione finanziaria interna sovente minata da pesanti indebitamenti che rischiano di esplodere in conseguenza della stretta in atto sui tassi di interesse applicati. Basti pensare, sottolinea Nomisma, che per le società di capitale con fatturato fino a 10 milioni di euro, gli oneri finanziari sull’Ebitda vanno dall’11% per le imprese tra 2 e 10 milioni di euro, al 37% per quelle con fatturato inferiore. Si tratta di realtà che rappresentano l’85% del tessuto imprenditoriale del settore vinicolo, a cui sono riconducibili quasi il 50% degli addetti occupati.