di Giovanni Gioioso
Il 2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini veniva barbaramente ucciso al Lido di Ostia, per quel delitto è stato condannato soltanto Giuseppe Pelosi detto “Pino La Rana”. Ma la dinamica dei fatti ad oggi è ancora avvolta da numerose ombre. Considerato uno dei più importanti intellettuali del Novecento, in tutta la sua vita si è distinto come intellettuale “scomodo”. “I Servizi Segreti hanno tenuto per lungo tempo un dossier su Pier Paolo Pasolini, la cui figura e le cui relazioni erano collegate ai livelli più importanti dell’Italia dell’epoca, in ambienti disparati dall’economia, alla politica”. Lo ha affermato lo scorso sabato 28 ottobre nella Sala Consiliare del Comune di Orvieto l’ex generale dei Carabinieri, Antonio Cornacchia, che intervenne all’Idroscalo di Ostia la notte dell’omicidio a margine della presentazione del libro “Pasolini un caso mai chiuso”. Nato nel 1922, a Bologna, si è imposto come figura versatile: scrittore, poeta, saggista, drammaturgo, giornalista e sceneggiatore, ma anche pittore, paroliere e traduttore di classici greci e latini. Autore cinematografico e di testi teatrali. Anche la sua omosessualità fu protagonista della sua figura pubblica accrescendo numerose polemiche. La riflessione sul fascismo e sulla sua evoluzione storica attraversa tutta la vita di Pasolini. Prendendo coraggiosamente posizione contro un antifascismo ormai fuori tempo massimo, Pasolini mette in guardia da una nuova forma di fascismo, più subdola e insidiosa, intesa «come normalità, come codificazione del fondo brutalmente egoista di una società». Tra i suoi film più importanti e premiati: “l’Accattone”, “Mamma Roma”, “Porcile”, “Medea”, “Uccellacci e Uccellini”, “Teorema”, “Edipo Re”, “Il Decameron”, “I Racconti di Canterbury”, “Il Fiore delle Mille e una Notte”, “Salò o le 120 giornate di Sodoma” e “Il Vangelo secondo Matteo”, pellicola che ha suggellato il rapporto tra Pasolini e la Basilicata. Inizialmente la location prediletta era la Palestina ma dopo aver visitato la Terra Santa il regista cambiò idea definendoli luoghi «troppo contaminati dalla modernità», scelse dunque la Basilicata: Barile (nelle grotte scavate nel tufo della collina denominata “Sheshe”), Lagopesole (dove venne girata nel cortile interno del castello federiciano la scena del sinedrio che decretò la condanna di Gesù alla crocifissione) e soprattutto Matera, ovvero Gerusalemme. Da aprile a luglio del 1964 i Sassi di Matera furono il set ideale e tanto ricercato. Non solo un luogo fisico ma un microcosmo emotivo con la sua gente semplice e vera, la povertà e le dure condizioni di vita di una parte del Mezzogiorno abbandonata a se stessa. I sassi, simbolo nazionale dell’arretratezza e del sottosviluppo denunciato da Carlo Levi ed oggi assoluti protagonisti di una rivincita e di un riscatto morale e sociale. A tal riguardo lo scorso anno Matera ha ospitato un progetto espositivo dedicato al grande intellettuale e regista friulano per celebrarne il centenario dalla nascita: “Hostia. Pier Paolo Pasolini”. Ideata dall’artista Nicola Verlato e curato da Lorenzo Canova e Vittorio Sgarbi, prodotto e organizzato da Associazione MetaMorfosi in collaborazione con il Museo Nazionale di Matera e il patrocinio della Regione Basilicata, del Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini e della Quadriennale di Roma.