di Giovanni Gioioso
L’inflazione annulla la ripartenza dei redditi degli italiani, riportandoli – in termini reali – sotto i livelli pre-pandemia, con una perdita complessiva di oltre 6 miliardi di euro rispetto al 2019. Tra il 2019 ed il 2023, in valori nominali, il reddito medio delle famiglie italiane è passato da poco più di 38.300 euro a oltre 43.800 euro l’anno. Un salto di oltre 5.500 euro che, purtroppo, è solo virtuale, perché annullato di fatto dall’aumento dei prezzi: al netto dell’inflazione, infatti, nel 2023 il reddito reale medio per famiglia è ancora 254 euro (-0,7%) inferiore a quello del 2019. È quanto emerge da elaborazioni sui redditi delle famiglie e sull’occupazione effettuate da Cer e ufficio economico di Confesercenti sulla base dei dati Istat, a quattro anni dall’annuncio del lockdown del 9 marzo 2020. Tuttavia non tutte le famiglie sembrano uguali. Quelle con reddito da lavoro autonomo hanno potuto arginare meglio l’inflazione e, rispetto al 2019, il reddito medio delle famiglie di imprenditori e partite Iva che, al netto dell’inflazione cioè in termini reali, nel 2023 supera i 43.600 euro, quasi 1.600 euro in più rispetto al 2019. Variazione positiva anche per il reddito derivato da redditi da capitale, patrimoni, rendite finanziarie e altre fonti che cresce di 1.178 euro rispetto a cinque anni fa. Nello stesso periodo, il reddito medio da dipendente segna un mini-aumento di 180 euro. Calano nettamente, invece in termini reali i redditi da trasferimenti pubblici (-1.819 euro), che includono pensioni, indennità e altri sussidi. A pesare è l’adeguamento solo parziale delle pensioni al caro-vita del periodo, contestualmente al progressivo esaurimento, a partire da metà 2023, del reddito di cittadinanza. Le ricchezze delle famiglie variano anche a secondo della regione in cui si vive. Infatti il reddito reale medio cresce solo in otto regioni quasi tutte del Nord. Valle D’Aosta maglia rosa (+2.951 euro dal 2019) seguita dalla Basilicata (+2.907 in 5 anni) fra le regioni del Sud insieme alla Sicilia (+1.007) e Puglia (+150 euro in 5 anni), in Sardegna si registra la flessione peggiore (-4.000 euro). Le tendenze territoriali sono molto diverse tra loro, evidenza Confesercenti sottolineando la diversa possibilità per le famiglie di contrastare l’inflazione a seconda della Regione in cui vivono. Per le famiglie di sette regioni, il bilancio è positivo, prevalentemente a nord: a registrare un aumento del reddito medio in termini reali rispetto al 2019 sono infatti Valle d’Aosta (+2.951 euro, l’incremento più alto), Lombardia (+1.930 euro), le province autonome di Trento (+1.639 euro) e Bolzano (+2.237 euro), Veneto (+241 euro) e Friuli-Venezia Giulia (+483 euro). Tra le Regioni che hanno ‘battuto’ l’inflazione, anche l’Umbria (+1.391 euro sul 2019) e, nel mezzogiorno, la Sicilia (+1.007 euro), la Puglia (+150 euro) e la Basilicata, che vede il reddito medio reale crescere di 2.907 euro in cinque anni, si tratta dell’incremento maggiore dopo quello della Valle d’Aosta: un risultato positivo, cui ha contribuito lo sviluppo nella Regione, negli ultimi anni, delle industrie estrattive e turistica. La maggior parte dell’Italia, invece, resta indietro: il confronto tra il reddito medio reale del 2023 e quello del 2019 è negativo in tutte le altre regioni, con le famiglie del Lazio che perdono in termini reali 2.225 euro di reddito. Le variazioni regionali sono comprese tra i -69 euro l’anno del Molise e i -4.000 euro delle famiglie della Sardegna, che subiscono il crollo di reddito reale più rilevante. In termini assoluti però la maglia nera, resta alla Calabria: il reddito medio reale delle famiglie della regione nel 2023 è di poco sotto i 29mila euro l’anno, oltre 18mila euro in meno del reddito medio reale delle famiglie di Bolzano (oltre 47mila euro l’anno).