Sono passati due anni dalla scomparsa di Sergio Marchionne, il manager italo-canadese che nel 2004 ha salvato la Fiat sull’orlo del fallimento e l’ha trasformata, grazie all’alleanza nel 2014 con la societa’ americana Chrysler, in un grande gruppo internazionale. Marchionne, di origine abruzzese, e’ morto il 25 luglio 2018, a 66 anni, all’ospedale universitario di Zurigo, dopo 14 anni alla guida del gruppo, diventato con lui la settima casa automobilistica al mondo. Un manager duro e generoso, eclettico e infaticabile, che ha vissuto per anni tra Torino e Detroit e ha portato in Borsa Cnh Industrial e Ferrari. Ultimo atto e’ stato il Capital Market Day di Balocco, il primo giugno 2018, quando ha annunciato il traguardo del debito zero e un piano da 45 miliardi di euro. “L’esempio che ci ha lasciato Marchionne e’ vivo e forte in ognuno di noi. Gli saremo sempre grati per averci mostrato, con l’esempio, che l’unica cosa che conta davvero e’ non accontentarsi mai della mediocrita’, essere sempre ambiziosi nel cambiare le cose in meglio, lavorando per la collettivita’ e per il nostro futuro, mai per se’. Ci ha insegnato ad avere il coraggio di cambiare”, ha detto il presidente John Elkann, un anno fa. Un ricordo che rimane attuale. Il suo posto l’ha preso Mike Manley, l’uomo del miracolo Jeep, ma l’eredita’ di Marchionne sara’ raccolta da Carlos Tavares, il manager che assumera’ le redini del gruppo dopo la fusione tra Fca e Psa prevista all’inizio del prossimo anno.