di Rosa Sica
Vivere conciliando famiglia, professione e tempo libero è ancora possibile. Questo è sicuramente uno dei lasciti del lockdown, durante il quale milioni di cittadini hanno svolto tutte le attività quotidiane tra le mura domestiche.
Un cambiamento di prospettiva reso possibile dalla digitalizzazione che ha permesso ai ragazzi di continuare a studiare a distanza e agli adulti di non interrompere le attività lavorative. La distanza è stata fisica e non sociale. In questo scenario l’utilizzo dello smart working ha permesso non solo di accelerare la trasformazione digitale delle imprese e di incrementare le competenze digitali dei lavoratori, ma i dipendenti stessi hanno avuto la libertà di scegliere il luogo fisico da cui lavorare. Così nel giro di pochi mesi i piccoli borghi italiani sono rinati, modificando la fisionomia delle città. Un’inversione culturale che ha portato alla riscoperta dei piccoli comuni da parte dei lavoratori e le loro famiglie. In Italia d’altronde, il 72 per cento dei comuni ha meno di 5mila abitanti e se prima della pandemia si prediligeva vivere a pochi passi dall’ufficio nelle grandi metropoli, oggi i lavoratori hanno scoperto che grazie a questo modello di lavoro è possibile vivere lontani dal traffico, a contatto con la natura o nei piccoli paesi d’origine, riuscendo a bilanciare in modo migliore vita lavorativa e tempo libero.
”La Filiera delle Tlc da tempo aveva sperimentato lo smart working e con l’emergenza sanitaria sono stati coinvolti circa 80mila persone in questa modalità”, ha dichiarato Laura Di Raimondo, Direttore di Asstel-Assotelecomunicazioni, l’Associazione che in Confindustria rappresenta l’intera Filiera Tlc. ”In questa prospettiva e per non perdere quanto di buono è stato appreso, abbiamo firmato insieme a Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, i Principi e le Linee Guida per il nuovo lavoro agile nella Filiera delle Telecomunicazioni che tengono conto anche dell’impatto sulla sostenibilità ambientale che l’adozione di questa modalità di lavoro può avere nel tempo”. La pandemia dunque, ha inciso sulla territorialità del lavoro facendo riscoprire l’importanza di un cambio di paradigma abitativo e produttivo che permette di rivalutare borghi e zone rurali. Si tratta di un processo che abbatte i costi, promuovendo al contempo un’economia sostenibile e digitale.
”La persona al centro” è infatti uno dei pilastri del lavoro agile che non può più essere ridotto a un mero utilizzo di supporti tecnologici per lavorare a distanza, ma significa accogliere un rinnovato mindset culturale e lavorativo per governare il cambiamento senza subirlo” – prosegue il Direttore. ”Ripartire dai borghi è anche l’occasione per promuovere il processo di digitalizzazione del Paese anche nelle aree più remote, aprendo nuove frontiere e superando il digital divide. E’ una risposta nuova, concreta e sostenibile al secolare processo di desertificazione delle periferie, per decongestionare e progressivamente dare nuovo respiro alle aree urbane”. Vivere conciliando famiglia, professione e tempo libero è ancora possibile. Questo è sicuramente uno dei lasciti del lockdown, durante il quale milioni di cittadini hanno svolto tutte le attività quotidiane tra le mura domestiche. Un cambiamento di prospettiva reso possibile dalla digitalizzazione che ha permesso ai ragazzi di continuare a studiare a distanza e agli adulti di non interrompere le attività lavorative. La distanza è stata fisica e non sociale. In questo scenario l’utilizzo dello smart working ha permesso non solo di accelerare la trasformazione digitale delle imprese e di incrementare le competenze digitali dei lavoratori, ma i dipendenti stessi hanno avuto la libertà di scegliere il luogo fisico da cui lavorare. Così nel giro di pochi mesi i piccoli borghi italiani sono rinati, modificando la fisionomia delle città.