Con l’emergenza sanitaria da Covid-19 il modello organizzativo del lavoro è stato al centro di un cambiamento ‘copernicano’: in poco più di due mesi si è registrato infatti un passaggio dal 3% al 34% di lavoratori in modalità remote working operanti in Italia. È questo uno dei dati emersi dall’Osservatorio ‘The World after Lockdown’ curato da Nomisma e Crif, che da sette mesi analizza in maniera continuativa l’impatto della pandemia Covid-19 sulle vite dei cittadini, grazie al coinvolgimento di un campione di 1.000 italiani (18-65 anni). Per il 2021 Nomisma stima che il 16% dei workers italiani svolgerà ameno una giornata di lavoro da remoto (oltre 3 milioni di occupati). È opinione comune che il lavoro agile tenderà a diventare un fenomeno strutturale, e questo dovrà comportare necessariamente un forte cambiamento in tutti i soggetti coinvolti, dai lavoratori alle imprese alle istituzioni fino ai sindacati.Il primo passo verso uno smart working meno emergenziale e più efficace viene dai risultati dell’indagine e riguarda la formazione: il 74% degli italiani evidenzia l’imminente necessità di ricevere una formazione sulle potenzialità dello smart working e sulla digitalizzazione del lavoro. Questi ultimi rappresentano infatti un’enorme opportunità per le aziende, secondo il 58% degli italiani. Perché il lavoro agile sia una vera opportunità, dovrebbe però essere modulato lasciando al lavoratore stesso la possibilità di decidere se, quando e dove effettuarlo (lo pensa il 61% delle famiglie).