di Rosa Sica
Il nuovo numero del rapporto Sud del Sole 24 Ore in edicola domani col quotidiano in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna dedica il focus di apertura al Piano acqua per il Recovery Plan e al dato che solo il 27,8% dei progetti di infrastrutture idriche che potrebbero confluire nel Recovery Plan italiano proviene dalle regioni meridionali.
Ne parla al Rapporto Sud Michaela Castelli, presidente di Utilitalia e di Acea. Utilitalia (Federazione che riunisce le Aziende operanti nei servizi pubblici dell’Acqua, dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas, in cui sono confluite Federutility e Federambiente) ha avviato un’analisi per individuare i progetti ritenuti dalle sue associate tali da poter essere inclusi nel Piano nazionale. Nei piani allo studio, infatti, su un totale di interventi statali per il settore che prevedono investimenti per o14,9 miliardi, la quota meridionale e’ di soli 3,8 miliardi. ”
Dal Mezzogiorno poche proposte e nessuna sul dissesto idrogeologico” specifica Castelli. Intanto, cresce il water service divide tra l’Italia del Centro-Nord e quella del Sud, dice il rapporto. Il Centro Nord, nella gestione della risorsa acqua, e’ simile al resto d’Europa, mentre il Sud, e’ bloccato ai suoi atavici problemi. Questo il quadro emerso dal Rapporto , a cura di Mario Rosario Mazzola, docente di costruzioni idrauliche dell’Universita’ di Palermo e consulente del Governo per il Recovery Plan e riportato dal Rapporto Sud. Lo studio, svolto per Astrid, parla di perdite di acqua trasportata pari al 50%, carenza di depuratori e di sistemi fognari, difficolta’ nello smaltimento dei fanghi. Le procedure di infrazione per l’85% riguardano il Sud proprio a causa di queste carenze. Il prossimo numero del Rapporto Sud dedica un’ampia inchiesta al settore della Sanità analizzando la situazione regione per regione sottolineando l’impegno dei medici di famiglia sui quali sono ricaduti anche tutti gli adempimenti burocratici derivati dalla chiusura delle Aziende sanitarie a causa del Covid. In Sicilia i medici di base sono 4.100 e non vi sono carenze in organico e i posti scoperti sono solo sei. Ma i nodi sono altri come, spiega il Rapporto Sud, il sovraccarico burocratico ricaduto su queste figure a cui ora toccano adempimenti che prima erano di competenza dei dipendenti dell’Asp.