di Rosa Sica
Natale e Capodanno in fabbrica. Non c’è solo il Covid a rovinare la vita dei lavoratori italiani. C’è la paura di perdere il lavoro e di vedere il proprio territorio diventare un deserto, senza prospettive per il futuro. La lotta continua a Napoli: i dipendenti della Whirlpool sono in mobilitazione permanente, in attesa del nuovo incontro con azienda e ministeri dello Sviluppo economico e del lavoro, fissato per il 28 dicembre. Ma anche in altre parti d’Italia gli operai hanno organizzato dei presidi, a difesa del loro posto ma anche della fabbrica, per evitare che la produzione cessi e sia spostata altrove. Accade ad Osnago, in provincia di Lecco: la torneria Voss vuole chiudere ma i 70 operai hanno fatto un picchetto da piu’ di due settimane per scongiurare lo smantellamento di impianti e macchinari. Succede a Carpi, in provincia di Modena, dove i lavoratori della Goldoni sono da tre mesi in presidio per scongiurare che la proprieta’ cinese se ne vada senza spiegazioni. Avviene a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, alla Meridbulloni, dove 81 lavoratori sono davanti ai cancelli da 8 giorni per impedire che lo stabilimento chiuda e la produzione sia trasferita a Torino.
I lavoratori della Whirlpool lottano da mesi: scioperi, cortei, blocchi del traffico, occupazioni, manifestazioni sotto al ministero dello Sviluppo economico. Anche durante le festivita’ sono in presidio perche’ non vogliono che esca dalla fabbrica di lavatrici neanche un bullone. Hanno realizzato un calendario con lo slogan “Sulla nostra pelle” e il 30 dicembre si terrà un evento in cui, tra le altre cose, verranno vendute delle copie per raccogliere fondi. La loro battaglia assume, secondo la Fiom, una valenza superiore a quella di qualunque vertenza singola per l’occupazione. “E’ una lotta di principio – spiega Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom – l’Italia non può essere preda delle multinazionali. E’ necessario un cambio di passo, salvare la presenza industriale nel territorio. La determinazione dei lavoratori forse ci dice che è finito il tempo della paura”. “Il coraggio e la generosità degli operai napoletani, disponibili a resistere pur sapendo di poter perdere tutto – prosegue Tibaldi – dovrebbero far riflettere il mondo della politica. E’ una nuova resistenza che chiede una vera politica industriale. La disperazione avrebbe potuto portare questi lavoratori con il cappello in mano dalla proprietà o li avrebbe potuti spingere nelle braccia della camorra. Non hanno accettato le offerte di Invitalia, che proponeva due mesi fa piccole soluzioni magari per un pugno di lavoratori. È il momento di decidere se l’Italia vuole essere industrialmente competitiva. I lavoratori della Whirlpool lottano per difendere la dignità del sistema industriale italiano. Allora, sì, questo è un Natale particolare, che guarda al futuro piu’ di altri”.
Ripercorrendo le vicende Whirlpool, Tibaldi mostra perché questa vertenza è emblematica e decisiva per il destino industriale italiano. “Da aprile ad oggi la multinazionale ha macinato utili su tutta la gamma dei prodotti e ha lavorato tanto anche in Italia da chiedere gli straordinari ed assumere 700 interinali a Varese. Il filo comune e’ quindi l’irragionevolezza: non c’è crisi ma chiudi perche’ giochi a risiko nel mondo. Whirlpool ha acquisito marchi italiani prestigiosi come Indesit e Ariston e non sappiamo dove andrà a produrli. All’ultimo incontro al Mise ha annunciato che licenziera’ i lavoratori di Napoli dal 1 aprile e quindi a meta’ giugno saremmo davanti al fatto compiuto. In piu’ la societa’ ha la pretesa di chiedere la cig covid, in modo che paghi lo Stato. Il governo ha detto in passato che avrebbe fatto rispettare l’accordo invece non l’ha fatto e l’azienda non ha cambiato idea. Così puo’ passare il messaggio che in Italia una multinazionale arriva e se ne va a suo piacimento; le istituzioni invece di inchiodare l’impresa alle sue responsabilità cercano alternative che poi spesso si rivelano espedienti, imbrogli o buchi nell’acqua, come avvenuto per l’Embraco a Torino”. “Ma se una multinazionale prende una decisione – insiste Tibaldi – non si può solo accettare e cercare di arrangiarsi di conseguenza. I lavoratori tengono il punto, insieme al sindacato: il governo dovrebbe fare lo stesso. Non si può lasciare la politica industriale a Invitalia: non funziona più tappare buchi perche’ ora si apre una voragine”.
“L’Italia – prosegue l’esponente della Fiom – era un Paese autorevole, perché aveva un patrimonio di invenzioni, come la lavatrice a carica frontale o il pendolino, ed era il piu’ grande produttore di acciaio d’Europa. Ora si piega alle multinazionali che prendono e vanno via”. “Vedremo cosa succederà al tavolo del 28 dicembre: il ministero del Lavoro dovrà dire se concede la cassa integrazione Covid che per noi non è legittima. Il rischio – conclude – è che Napoli non sia l’unico obiettivo di Whirlpool: dopo potrebbero esserci Siena e Caserta. O fermiamo il processo all’inizio o, una volta aperta la diga, non lo fermiamo più”.