di Carmela Maggio
«Dopo lo sbarco della pop art a Venezia, capii che noi in realtà eravamo alla periferia della società dei consumi e così ho deciso di ricercare le radici di me stesso nella storia che avevo vissuto. E allora cominciai a riflettere sul rimorso di questa coscienza europea e capii che molte cose che giudicavamo già giudicate ad esempio l’ideologia fascista erano invece serpeggianti e ancora attivi e coincidevano con la mia giovinezza».
E’ in questa frase che Fabio Mauri, maestro dell’avanguardia italiana del secondo dopoguerra, per il documentario ‘ritratto a luce solida’ vuole marcare il concetto di “il bene e il male parlano la stessa lingua”. Il suo pensiero infatti, ruota attorno all’ideologia europea fascista come incarnazione del massimo della filosofia europea: in quanto, a parer suo, il massimo di una civiltà produce anche il massimo dell’orrore.
Un altro tema centrale è il rapporto indelebile tra Pensiero e Mondo e tra Pensiero in quanto Mondo. Lo si evince da ciò che racconta Laura Cherubini, (vicepresidente del museo madre, Napoli). «Quando ho invitato Fabio a parlare con i miei studenti, iniziò il discorso cosi “fin dall’inizio il mondo mi è sempre sembrata una grande proiezione» e aggiunge «Fabio si distingueva in modo particolare dagli altri artisti del suo tempo. Nel momento in cui tutta l’arte volge verso il monocromo, verso la pittura di azzeramento. Lui già declina il monocromo come schermo. Capisce che da quel momento in avanti, tutta la nostra vita sarebbe passata attraverso degli schermi».
Esigente, attento, rigoroso. Famoso per le istallazioni millimetriche in modo da creare l’opera giusta. Un pensatore, quasi un visionario. Anticipa i tempi e mostra tramite le sue opere il concetto di un futuro da lui già compreso.
Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore Gam Torino e Museo Castello Di Rivoli: «Mentre l’America ha capito che l’oggetto di consumo aveva cambiato il mondo e quindi crea la pop art. Lui aveva capito da europeo che l’ideologia è il prodotto che l’Europa produce». Continua «Qualsiasi opera sua è sempre strutturata attorno alla questione dello schermo. Cioè le performance come “Ebrea” hanno lo schermo che è lo specchio. Che cos’è il fascismo è uno schermo.
Quindi questa condizione della proiezione letterale e simbolica, aveva cambiato il mondo. E lui lo aveva capito. Poi sono diventati gli schermi dei laptop, dei desktop, dei cellulari che abbiamo adesso, quindi Fabio Mauri è molto importante perché è quell’artista che a metà del ventesimo secolo capisce che la tecnologia aveva avuto una svolta enorme. Grande come l’invenzione della stampa. Rompe tutti i confini e porta praticamente il rischio ad una forma di fascismo democraticamente eletto nel quale noi ci troviamo adesso nel mondo in tanti paesi. E avendo lui vissuto il periodo fascista, aveva capito quanto i mass media cambiano la politica. Le grandi dittature della prima parte del secolo hanno intuito che nei mass media c’era un enorme potenziale di controllo dei singoli individui».
Tra le opere di Mauri, una molto importante che ricorda il concetto di schermo è Il televisore che piange. Già avanzata e vista da lui in anteprima, un happening importante in cui Fabio Mauri ha rotto un’ azione abituale, usuale: quella della televisione, ovvero di trasmettere immagini non trasmettendo altro che il televisore in se stesso. Lo schermo che può ospitare le varie emozioni che una sola immagine può dare. Nel finale, vi è uno schermo congelato, bianco, con la scritta “The End”, proprio per significare tutte le cose che possono accadere su di uno schermo.
«Fabio Mauri ha avuto questa intuizione: più che giudicare, bisogna vivere, sentire e constatare. Per farlo, bisogna rivelare un tempo per ciò che era ed arte nell’intensità dell’umiliazione e del dolore. Ha preso la decisione precedendo di molto i tempi sia culturali che politici di cose che dopo sono diventate quasi routine.. A quel tempo invece erano disorientamento e shock», dice Furio Colombo, giornalista e scrittore.
Le opere di Fabio Mauri spaziano dal teatro, alle performance, alle opere pittoriche fino al minimalismo degli schermi. Come si vede nella situazione attuale artistica, è amato dai giovani artisti, da giovani curatori e giovani critici. Fabio Mauri apriva verso il futuro, fù un grande precursore.
Anche Achille Mauri, il fratello disse: «Lui non aveva nessun interesse verso il rimbalzo commerciale. Adesso non è ancora cosi compreso, è la realtà che gli assomiglia». In un primo momento, infatti, Mauri era poco presente sul mercato per la scarsità delle opere vendute, perché donate direttamente dall’artista. In seguito, invece, la partecipazione a diversi eventi importanti da parte dello Studio Fabio Mauri, con l’intento e la missione di far conoscere le opere, ha portato valore in termini economici, come afferma Timo Kappeller, direttore della galleria, in un’ intervista ad ArtEconomy24 «I prezzi vanno da 30mila a 120mila dollari per le opere su carta; gli oggetti e le installazioni vanno da 100mila a 500mila dollari, mentre le opere chiave vengono vendute per prezzi sopra il milione di dollari».
Per concludere, Piera Leonetti, la compagna affermò: “In qualche modo Fabio aveva deciso di esporre la sua vita come opera d’arte. Le sue esperienze, quindi la guerra, l’olocausto, il dolore. Per Fabio erano argomenti di conversazione continua.” Per lui furono eventi che cambiarono la sua visione del mondo, la sensibilità verso di esso. A tal proposito Il fratello aggiunse “Se ora fosse vivo, sono sicurissimo che mio fratello si occuperebbe di immigrazione”.
(Fonte immagine: Studio Fabio Mauri, www.fabiomauri.com)
https://www.fabiomauri.com/opere/performance/televisore-che-piange.html?g=televisore-che-piange