Ad un anno di distanza gli studenti italiani si ritrovano allo stesso, identico, punto di dodici mesi fa: in didattica a distanza. Da oggi, con l’Italia passata quasi completamente in rosso-arancione, 8 ragazzi su 10 sono a casa.
Si tratta di 6,9 milioni di studenti sugli 8,5 milioni iscritti nelle scuole statali o paritarie. Corre ai ripari anche la Basilicata che, nonostante l’arancione, decide di sospendere le lezioni in presenza per dieci giorni, fino cioe’ al 27 marzo. Studenti e professori scendono in piazza, con gli psicologi che parlano ormai di “emergenza sociale”. A far salire il numero degli studenti a casa e’, in particolare, il passaggio in rosso di regioni particolarmente popolose come Lazio, Veneto e Piemonte.
Ad oggi sedici regioni su 20 hanno quasi tutte le scuole chiuse e le uniche con le lezioni prevalentemente in presenza – come riportato dall’analisi settimanale di Skuola.net – sono Calabria, Sicilia, Valle d’Aosta e la Sardegna che, essendo in zona bianca, e’ la sola che avra’ praticamente tutti gli studenti in presenza. Una nuova stretta e’ stata poi annunciata proprio oggi dalla Basilicata. Nonostante l’arancione, che consente la didattica in presenza, la regione ha deciso di chiudere le scuole da domani fino a sabato 27 marzo.
Una situazione, quella italiana, che sara’ destinata a modificarsi di giorno in giorno, tenendo conto delle varie ordinanze che vengono emanate per “chiudere” quei comuni dove vengono registrati troppi contagi. In Sicilia, per esempio, il governatore Nello Musumeci, ha disposto la zona rossa per Caltanissetta e Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento. Stessa decisione a Rosignano Marittino, nel Livornese, ma anche in un piccolo paese del Sassarese, Bono, nonostante la regione sia bianca. Esistono comunque delle deroghe alla regola generale, che potrebbero consentire a qualche alunno in piu’ di continuare a sedere al proprio banco. E’ il caso degli studenti con bisogni educativi speciali (Bes) e con disabilita’, ai quali anche in ‘zona rossa’ e’ concessa la frequenza in presenza, a patto che l’istituto si organizzi in tal senso.
Opportunita’ che, secondo un monitoraggio effettuato dal portale Skuola.net, hanno effettivamente colto parecchie scuole costrette alle chiusure: tra i 3.500 studenti delle superiori (in Dad al 100%) interpellati, 8 su 10 hanno raccontato che il proprio istituto ha mantenuto i cancelli aperti per gli iscritti che necessitavano di svolgere attivita’ in presenza. Niente da fare, invece, per i figli dei cosiddetti “lavoratori essenziali” per i quali manca la norma che gli consentirebbe di andare a scuola se i genitori – medici, infermieri, forze dell’ordine – sono impegnati per ragioni di servizio.
Fa eccezione il Trentino dove sono rimasti aperti nidi e scuole materne per i figli degli operatori sanitari in servizio in strutture pubbliche e private e nelle Rsa. E contro la didattica a distanza, oggi nella piazza al centro di Perugia sono comparse simbolicamente le scarpe degli studenti, “dimenticati a casa dietro uno schermo”, come ha spiegato il comitato promotore, composto da insegnanti, genitori e alunni.
Manifestazioni anche in altre citta’ d’Italia. A Torino, Anita e Lisa, le due studentesse 12enni, diventate simbolo della lotta, sono tornate in piazza Castello, davanti al palazzo della Regione. Con loro, questa volta, anche altri compagni e, novita’ assoluta, anche una insegnante. “Loro, gli studenti, sono il nostro futuro – le parole della professoressa Chiara Panzieri -. I miei alunni stanno perdendo qualcosa con la dad; recupereranno, ma qualcosa di incolmabile rimarra’”.