Le infrastrutture sono da decenni uno dei talloni d’Achille dell’Italia e per questo sono proprio loro al centro degli investimenti del PNRR: che siano economiche (trasporti, telecomunicazioni, energia, rete idrica etc) o sociali (scuole, ospedali, smaltimento rifiuti etc) l’Italia ha un gran bisogno di rinnovare le proprie infrastrutture, rilanciando gli investimenti pubblici che peraltro sono in continuo e drastico calo dal 2009 ad oggi. A testimoniarlo è un occasional paper pubblicato da alcuni ricercatori della Banca d’Italia, che evidenzia innanzitutto che le risorse destinate alla spesa pubblica per investimenti fissi lordi (al netto delle dismissioni immobiliari) e dei trasferimenti in conto capitale alle imprese era il 4,5% del Pil 12 anni fa, mentre oggi è sotto il 3% con la quota del Sud e Isole che si è ulteriormente ridotta e continua a calare dal 2015, mentre il Centro Nord ha avuto un piccolo sussulto intorno al 2018, ultimo dato disponibile. E’ anche di questo che parla lo studio di Bankitalia: il divario infrastrutturale Nord-Sud, a vari livelli. In linea di massima, le mappe utilizzate dagli economisti della banca centrale mostrano quasi sempre un colore più scuro (cioè più infrastrutture o più efficienti) al Nord, in particolare in Lombardia, andandosi poi inesorabilmente a schiarire man mano che si procede verso Sud. Spesso nemmeno Roma, che è la capitale del Paese e intorno alla quale sorge una area metropolitana di diversi milioni di abitanti, è risparmiata dal ritardo o dall’inefficienza delle reti di servizi essenziali. Una eccezione per la verità c’è ed è quella della rete di telecomunicazione: no, non è vero che il Sud è molto più indietro rispetto al Nord. Sia la mappa delle infrastrutture di telecomunicazione a rete fissa sia quella delle infrastrutture di rete mobile, a differenza di altre, sono a macchia di leopardo: secondo i dati Agcom utilizzati da Bankitalia il rapporto tra il numero di famiglie con possibilità di accesso a una rete a velocità di almeno 30 o 100 Mbps e il numero di famiglie sul territorio è quasi più alto in alcune provincie del Sud, in particolare Puglia e Sicilia. Le cosiddette aree bianche, quelle remote dove non arriva ancora una buona connessione ad Internet, sono sparse un po’ dappertutto nel Paese ma spesso e volentieri concentrate proprio al Nord, nell’arco alpino. In ogni caso è tutto il Paese ad essere in ritardo: “Con riferimento all’obiettivo del piano varato dal governo nel 2015 – scrive la ricerca di Bankitalia -, cioè l’85 per cento della popolazione coperta dal servizio ultra veloce entro il 2020, siamo praticamente a meno di metà strada, con un’infrastruttura sottodimensionata rispetto ai principali paesi europei”. Non va meglio per quanto riguarda i trasporti, per i quali lo studio utilizza il criterio dell’indice di accessibilità, che misura la possibilità per le imprese o gli individui che operano in una determinata area di raggiungere agevolmente gli sbocchi economici più rilevanti, rappresentati ad esempio dalle località a più alto valore aggiunto o da quelle a maggiore densità di popolazione. In questo caso sì, il divario Nord Sud c’è, sia a livello stradale che ferroviario, che portuale o aeroportuale. Per quanto riguarda porti e aeroporti, Roma e il Sud si difendono solo per il traffico passeggeri, ovviamente grazie al turismo (in tempi normali, si intende). Per quanto riguarda invece il trasporto merci il cuore di tutto rimane sempre la pianura padana, soprattutto l’asse Lombardia-Emilia. Tornando a strade e ferrovie, c’è da constatare che sul discorso dei tempi è determinante l’Alta velocità: infatti la mappa non esclude una buona copertura di alcune aree del meridione, che non a caso sono quelle già coperte dalla rete ferroviaria più efficiente, come Lazio e Campania. Ecco perché sarà importante portare l’Alta velocità al Sud e nelle Isole e il Recovery Plan questo conta di fare, inaugurando diversi nuovi collegamenti in aree finora dimenticate, come la Basilicata ad esempio. Anche il funzionamento della rete di distribuzione dell’energia elettrica è molto migliore al Nord che al Sud. Attraverso un indicatore che viene calcolato come numero medio di interruzioni senza preavviso (transitorie, brevi e lunghe) per utente, si nota una netta differenza tra il triangolo Lombardia-Emilia-Veneto e quasi tutto il meridione. Lo stesso dicasi per la rete idrica, che per la verità funziona bene in quasi tutta Italia ma le poche falle sono proprio dall’Abruzzo in giù: l’Abruzzo stesso, parte della Campania e soprattutto situazioni da terzo mondo in Calabria e Sicilia, con volumi erogati evidentemente inferiori e diversi capoluoghi soggetti al razionamento, col servizio varie volte ridotto o sospeso durante l’anno. Per gli ospedali, o per meglio dire le infrastrutture ospedaliere, si conferma lo schema con la pianura padana al centro di tutto, sia per posti letto complessivi che per posti letto in terapia intensiva. Il dato riguarda sia le strutture pubbliche che quelle accreditate sul territorio. La pandemia ci ha mostrato che anche al Nord, soprattutto in Lombardia, qualcosa nella sanità non ha funzionato, ma l’indice di dotazione di strutture ospedaliere conferma una maggiore disponibilità al Nord. Le Regioni peggiori sono invece Calabria, Sicilia e Sardegna. Anche l’indice di dotazione di infrastrutture ospedaliere ponderato per la qualità dell’assistenza vede la stessa colorazione: scurissimo al Nord, bianco al Sud. Infine, lo smaltimento dei rifiuti. Anche il ciclo dei rifiuti necessita infatti di infrastrutture adeguate. Qui il divario Nord-Sud è nettissimo nella gestione dei rifiuti organici, che sono quelli decisivi per la produzione di energia pulita e la transizione ecologica. Per l’indifferenziato invece sono valide anche le reti del Centro, mentre il Sud è indietro in ogni caso: ancora una volta fanalino di coda sono la Calabria e le Isole.
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